Home I lettori ci scrivono Aumenti stipendiali? Sì, forse, non si sa

Aumenti stipendiali? Sì, forse, non si sa

CONDIVIDI


La speranza è l’ultima a morire, certo! O non muore mai. Nonostante questo (o proprio per questo), considerando il passato, non sono molto fiducioso sulla vertenza del rinnovo del contratto docenti.
La trattativa per il rinnovo contrattuale (un contratto già scaduto da almeno due anni) ha preso il via da poco tempo, ma già il confronto tra le parti ha messo in evidenza l’esiguità delle risorse a disposizione e quindi, anche questa volta come in passato, temo che ci dovremmo accontentare (e ancora ringraziare) di minime briciole.
In fondo, a ben vedere, è (quasi) sempre stato così: grandi promesse di una sensibile e meritata valorizzazione economica dei docenti, sbandierate a voce piena e orgogliosa dai Governi (di qualsiasi colore), ridotte e sgonfiate poi, alla fine dei conti, in una manciata di euro (una piccola mancia).
Certo, questo venir meno ai patti (proferiti solo a voce), in un clima di continua campagna elettorale e di ininterrotti sondaggi politici, riuscirà ad essere nascosto, almeno all’inizio, con gli arretrati contrattuali presenti in busta paga che potranno far dire al ‘potere’ di aver mantenuto fede agli impegni presi, benché la situazione internazionale sia assai delicata. Insomma il ‘Palazzo’ ha fatto miracoli per i docenti e per la scuola, una delle principali colonne portanti per lo sviluppo del Paese.
I mass-media infine, come sempre, completeranno questa astuta operazione diffondendo notizie di aumenti stipendiali esorbitanti (ma quanto guadagnano questi docenti per sole diciotto ore!). Il metodo è ormai collaudato e anche questa volta funzionerà. Probabilmente non verranno a mancare voci di protesta e di verità e qualche ‘inutile’ (purtroppo) sciopero nazionale del comparto scuola. Ma sarà poca cosa, destinata, in pochi giorni, a divenire semplice ‘flatus vocis’ (o neppure quello).Alla fine, come sempre, la busta paga non peserà molto di più anzi, con tutte le spese che dovranno affrontare lo Stato e le Regioni, forse sarà anche più leggera. Non attendo nulla di nuovo purtroppo (rimane sempre la speranza). Invero già da anni il Ministero dell’Istruzione (oggi anche del merito) si è impegnato nel raggiungimento di alcuni obiettivi: mantenere basse le retribuzioni dei docenti (tra le più basse a livello europeo (e non solo europeo), raddoppiare, a stipendio pressoché invariato, le loro incombenze e, in ultimo, disgregare la categoria dei docenti (categoria, ammettiamolo, sempre assai disunita e mancante di una vera coscienza di classe) puntando sulla creazione (quasi una proliferazione) di varie ed originali figure di docenti (nuove figure professionali prive, però, di un vero inquadramento giuridico) maggiormente qualificate (almeno in teoria) per svolgere determinati compiti e meglio retribuite (il meglio è molto relativo).
Tali obiettivi sono stati raggiunti. Il Ministero può andarne fiero e, ancora di più, può incensarsi per l’invenzione mirabile (una delle tante e delle ultime) delle figure del docente tutor e del docente orientatore (qualifiche a cui ci si arriva dopo lunghi e severi percorsi di formazione, per lo più teorica), per le quali ha stanziato, sulla carta, milioni e milioni di euro.
“Al docente tutor spettano i compiti di promozione della personalizzazione dell’apprendimento, che rendano possibile la scoperta dei talenti di ciascuno studente. Il docente orientatore deve fornire alternative di percorsi di studio o lavoro a studenti o famiglie”.
Queste, in sintesi le indicazioni del Ministero. Ora, con tutto il rispetto possibile verso i colleghi tutor e orientatori, nutro qualche perplessità sulla loro reale necessità (ma sarò io a non capire). Le attività di queste due ‘novelle’ figure professionali erano svolte già in passato, con competenza, esperienza ed efficacia, da docenti ‘normali’; in più sono già attivi da anni insegnanti che si occupano dell’alternanza scuola lavoro, docenti (anche di sostegno) impegnati nel recupero (spesso personalizzato) degli allievi in difficoltà (ed eventualmente nel suggerirgli altri percorsi formativi più consoni alle loro attitudini) e Commissioni consolidate, formate da docenti della scuola con salde conoscenze anche in psicologia e sociologia, che agiscono, anche attraverso validissimi apporti esterni, nel campo dell’orientamento (in entrata e in uscita).
E’ evidente quindi il rischio di avere ‘doppioni’ non utili che possono generare anche una certa confusione nelle famiglie e negli studenti portandoli ad un disorientamento non certo salutare. Probabilmente (speriamo) l’intento del Ministero sarà quello di semplificare e arrivare a figure di tutor e orientatori ben delineate e definite nei loro compiti e nelle loro attività pratiche, eliminando eventuali sovrapposizioni con altre possibili attività scolastiche relative anch’esse all’orientamento e al tutoraggio. Del resto, non c’è da stupirsi, l’attivazione delle figure tutor e orientatore ha trovato in questi anni non poche difficoltà operative e sensibili criticità nei finanziamenti. Per alcuni sono stati un fallimento. Certo il tempo e i nuovi e cospicui finanziamenti potrebbero risolvere ogni problema, ma le domande che ci si pone sono altre. Ha senso assegnare risorse aggiuntive per tutor e orientatori quando le criticità delle scuole sono da ricercare altrove? Tutor e orientatori, per quanto possano costituire uno strumento prezioso per la funzione della scuola, sono veramente indispensabili?
Non si rischia, con questa proliferazione di docenti specialisti e specializzati, di offrire ai ragazzi troppi punti di riferimento o nessun punto di riferimento? Un tempo tutto era più semplice. Ma era veramente più semplice?

Andrea Ceriani