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Cattedre vuote: un disastro annunciato

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Gli insegnanti in graduatoria hanno permesso di coprire solo 204 cattedre vuote su 445 posti disponibili.


L’imminente rientro in classe per l’anno scolastico 2020/2021 avverrà, oltre che tra le incertezze dettate dal perdurare della pandemia e dallo stato di emergenza, per il numero record di cattedre vuote.

Se a livello nazionale sono quasi 60.000 gli insegnanti che mancano a coprire i posti disponibili, in Valle d’Aosta sono rimaste vacanti 241 cattedre sulle 445 indicate come necessità dall’organico di fatto, con alcuni vuoti clamorosi: alle medie, solo per dare qualche numero, sono rimasti vuoti 17 posti di francese (su 27), 14 di matematica e scienze (su 24), 6 di inglese (su 7); la situazione delle scuole superiori non è migliore, con 11 posti liberi di matematica su 12, 7 di matematica e scienze su 11, 12 su 23 nelle discipline letterarie, e via discorrendo. ​I numeri più drammatici riguardano la copertura dei posti su sostegno, ossia quelli destinati a supportare gli alunni che più hanno bisogno di competenza, esperienza e continuità: alle scuole medie sono rimasti vuoti 43 posti di sostegno su 53 e alle superiori 17 su 33.

Mancano percorsi abilitanti alla professione da 6 anni

Come si spiegano questi numeri a conclusione del consueto annuale rito di convocazioni per gli insegnanti in graduatoria? Nella nostra regione le cosiddette graduatorie di prima e seconda fascia, riservate ai docenti in possesso dell’abilitazione alla professione, sono andate pressoché esaurite con gli ultimi concorsi (l’ultimo, riservato appunto agli abilitati e svoltosi nel 2018, fu non selettivo).

Restano quindi a disposizione della scuola valdostana gli insegnanti inseriti nelle graduatorie di terza fascia, che hanno titoli e, nella maggior parte dei casi, molti anni di servizio e che finora non hanno potuto abilitarsi perché l’ultimo corso universitario finalizzato all’abilitazione (TFA) è stato chiuso nell’anno accademico 2014/2015. Il successivo FIT, figlio della riforma cosiddetta “La buona scuola”, è stato ben presto accantonato a cambio di governo.

Il risultato è che le modalità di accesso alla professione di insegnante restano sempre in balia delle altalene politiche, a solo discapito della scuola, culla e palestra delle future generazioni, che avrebbe bisogno di progettualità e investimenti, di lungimiranza e non di perenne rincorsa all’emergenza.

Cattedre coperte con la cornetta

Le cattedre rimaste scoperte sono assegnate in questi giorni tramite chiamate dirette dei dirigenti scolastici a chi ha inviato alle scuole la cosiddetta MAD, ossia la messa a disposizione tramite classico curriculum vitæ, un sistema sì legittimo, che da una parte permette un primo accesso alla professione e dall’altra la risoluzione rapida di un’emergenza, ma non certo pensato per coprire oltre il 50% delle cattedre libere: è evidente, infatti, che l’obbligo di scelta tramite MAD non offre garanzie assolute di trasparenza e in queste settimane (a disastro cattedre previsto da tutte le istituzioni) ha costretto segreterie e docenti a passare in rassegna centinaia di curricula alla ricerca disperata di quei pochi aventi i titoli richiesti dalla disciplina di insegnamento e – se possibile – almeno un briciolo di esperienza soprattutto per le cattedre cosiddette difficili. A volte non è stato possibile trovare nuovi insegnanti con i titoli necessari, anche e soprattutto per i posti di sostegno.

Concorsi: un caos che non risolverà il problema

Mentre chiunque con un minimo di conoscenza del sistema scuola sapeva che l’inizio dell’anno scolastico sarebbe stato demandato all’accoppiata curriculum/telefono, la risposta 2020 all’emergenza scuola da parte delle istituzioni, a pandemia in corso, è stata l’emanazione di tre concorsi diversi (di cui uno esclusivamente abilitante e quindi senza

“salita in cattedra”), che si svolgeranno con tre modalità diverse e vaghe, e che si presteranno inevitabilmente a conflitti e relativi ricorsi, come da italica prassi. Sono i concorsi che hanno permesso al Ministero dell’Istruzione di lanciare proclami di assunzioni negli scorsi mesi, in barba al fatto che ad oggi non ci siano né spazi né commissioni che permettano di espletarli.

Si tratta di concorsi fatti propri anche dalla nostra amministrazione regionale e che, già in un contesto di ordinaria amministrazione, non avrebbero risolto il nodo della copertura delle cattedre: in Valle d’Aosta, pur sommando i posti messi a disposizione dai due concorsi (straordinario e ordinario) per l’accesso al ruolo, si andranno a coprire 166 posti (ricordiamoci dei 445 liberi per questo settembre), di cui 50 esclusivamente di sostegno per cui latitano candidati con i titoli necessari (un nuovo percorso abilitante è in via di attivazione ma non sta raccogliendo il numero di allievi sperato, perché lungo, complesso e – fattore non da poco – costoso).

In una regione piccola e soprattutto a statuto speciale come la Valle d’Aosta, una procedura snella, veloce e meritocratica e che prevedesse anche il coinvolgimento dell’università regionale, come quella più volte proposta e dettagliata dalle associazioni di precari, avrebbe potuto dare un senso all’autonomia di cui ci vantiamo e che invece – tanto per citare un esempio – impedisce a un insegnante part-time in Valle d’Aosta di completare il suo orario in Piemonte per incompatibilità dei contratti. Insomma, un’autonomia a senso unico, che sa più di chiusura che altro.

L’autonomia valdostana è stata tuttavia impiegata per non riaprire le graduatorie provinciali, come invece avvenuto nel resto d’Italia: la riapertura delle graduatorie permette di norma ai precari storici un aggiornamento dei propri punteggi e a nuovi aspiranti insegnanti di inserirsi in maniera regolare e verificata, ma alla luce degli innumerevoli errori e delle clamorose incongruenze nei punteggi che nelle altre regioni si stanno conquistando le prime pagine dei giornali e l’ennesima bufera politica siamo al paradosso di ringraziare il disservizio valdostano.

Precari regolarmente assunti ogni anno…

Il precariato non è un’etichetta per una categoria di insegnanti, ma un male della scuola italiana. In Valle d’Aosta gli insegnanti cosiddetti precari non solo non sono tali da coprire esclusivamente malattie, gravidanze, aspettative, ma sono regolarmente in servizio ogni anno, nel migliore dei casi dal 1° settembre al 31 agosto, spesso nella stessa istituzione scolastica per anni consecutivi: a rendere il precariato cronico, per legge più che di fatto, è quindi un sistema di accesso alla professione più soggetto alle correnti politiche che a una strutturazione organica e lungimirante.

… ma con l’incognita Covid

La spada di Damocle del Covid incombe anche sugli ultra precari, gli insegnanti che il Ministero aveva annunciato di assumere per potenziare l’organico: vista la carenza di insegnanti, si tratta in gran parte di persone costrette a trasferirsi da altre zone d’Italia, con tutto ciò che comporta in termini di spese e gestione familiare, ma il cui contratto verrebbe interrotto in caso di quarantena, senza rimodulazione sulla didattica a distanza.
La sottocategoria degli insegnanti “usa e getta” ingrossa le fila del precariato cronico

E anche sul fronte classi pollaio e organici la Valle d’Aosta non è certo un’isola felice

L’emergenza sanitaria avrebbe potuto e dovuto rappresentare un’occasione per investire nuovamente sulla scuola valdostana che negli ultimi anni ha subito pesanti tagli.
Invece, oltre ad un aumento irrisorio degli organici – soprattutto per le scuole secondarie di primo e secondo grado, ma anche sull’infanzia permangono criticità- e comunque destinato ad esaurirsi ad emergenza conclusa, la ripresa a settembre vedrà ancora la presenza di alcune classi composte da 27 alunni e, fatto ancor più grave, con la presenza di più alunni con disabilità sullo stesso gruppo classe (addirittura 5 in alcune Istituzioni scolastiche regionali) contravvenendo totalmente alla normativa vigente e rendendo così estremamente difficoltosa la realizzazione di una didattica realmente formativa per i ragazzi disabili.

Tutto cio’ avviene mentre la Regione Autonoma Trentino Alto Adige, come da tradizione, riapre le scuole a Bolzano il 7 settembre, oltre a prevedere risorse straordinarie e consistenti destinate al settore scuola per fronteggiare l’emergenza, e la Provincia autonoma di Trento ha già avviato, sin dal mese di marzo, la stabilizzazione del personale docente precario per una ripresa efficiente dell’attività scolastica in presenza.

Ai cittadini valdostani trarre le conclusioni…

I Professori senza cattedra