Home Mobilità Chiamata diretta, la protesta passa ai dirigenti

Chiamata diretta, la protesta passa ai dirigenti

CONDIVIDI
Era difficile ipotizzare che non ci sarebbero state lamentele da parte dei dirigenti scolastici dopo l’accordo raggiunto fra MIUR e sindacati sulla chiamata diretta.

I DS sono rimasti letteralmente spiazzati e notevolmente ridimensionati in quella che sembrava la trovata rivoluzionaria della legge 107, ovvero la chiamata diretta. Ed ora come è giusto che sia è il loro turno di protesta. E’ tutto finito con il solito pasticcio all’italiana originato dalla volontà di scimmiottare il modello di scuola inglese (un modello ex europeo è il caso di dire) che il decisionismo renziano messo a dura prova dagli ultimi esiti elettorali non è riuscito a mandare in porto. Ma innanzi ad una scuola che ha introdotto un robusto organico dell’autonomia per venire incontro all’esigenza dell’utenza (una scuola aperta al territorio è il refrain dominante) è mai pensabile un sistema così contorto di reclutamento? Vero è che nell’anno di prova del cd potenziamento (confluito ora nell’organico dell’autonomia) si era capito che qualcosa non quadrava e che le esigenze delle scuole che la 107 si preoccupava di garantire erano solo un modello teorico che nei fatti non sarebbe mai stato messo in pratica a dispetto degli annunci che “tutti i problemi si risolveranno quando il sistema andrà a regime!!”.

Quanti sono gli istituti che chiedevano per il potenziamento un docente di filosofia e invece si vedevano assegnato un docente di  scienze motorie o ancora scuole medie (secondarie di primo grado) che chiedevano il docente di matematica e si trovavano assegnato il docente di diritto? Evitiamo di rispondere e stendiamo un velo pietoso. Col nuovo  sistema di reclutamento concordato, ovvero con la eliminazione di fatto della chiamata diretta, si incastrano i PTOF che dovevano essere l’espressione migliore dell’autonomia a standard generali quanto alle risorse umane da reclutare che di fatto impediscono il successo dell’istituzione scolastica.

Per fare un esempio, proviamo ad immaginare un istituto di scuola secondaria che intende potenziare i suoi contatti con il pubblico promuovendo campagne di informazioni, partecipazioni a talk show, per lanciare un progetto utile per il proprio territorio. Il dirigente in questo caso, ex art. 83 della legge 107 che gli consente di individuare nell’ambito
dell’organico dell’autonomia fino al 10 per cento di docenti  che  lo coadiuvano in attività  di  supporto  organizzativo  e   didattico dell’istituzione scolastica potrebbe avere necessità di reclutare qualche docente specializzato in comunicazione. Non solo ma addirittura potrebbe (pochi o forse nessuno in Italia ci ha pensato) in ossequio alla legge 150/2000 istituire un URP con personale qualificato.
La legge infatti prevede che “agli uffici per le relazioni con il pubblico viene assegnato, nell’’ambito delle attuali dotazioni organiche delle singole amministrazioni, personale con idonea qualificazione e con elevata capacità di avere contatti con il pubblico, eventualmente assicurato da apposita formazione”.
Uffici, secondo la legge 241/90 di cui dovrebbero dotarsi tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative così come ribadito dalla Direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri 11 ottobre 1994 “sui principi per la istituzione ed il funzionamento degli Uffici per le relazioni con il pubblico”. Insomma se facciamo riferimento agli indicatori di cui si parla per il reclutamento dei docenti (sostegno agli alunni disabili, conoscenza delle lingue e dell’informatica) è facile immaginare che un esperto in comunicazione con poco punteggio negli indicatori non avrebbe alcuna chances di chiamata e il dirigente scolastico che di tale figura necessitava e che forse per questa “innovazione” avrebbe potuto ricevere anche una valutazione positiva non potrà approfittare di personale con competenze ad hoc. Personale che peraltro resta sempre un docente della cui professionalità avvalersi non solo nel campo della comunicazione. 

Non fa meraviglia dunque se l’ANP, (associazione nazionale presidi) appresa la notizia dell’accordo abbia pubblicato sul suo sito un comunicato in cui invita l’Amministrazione a non deludere le aspettative di una scuola diversa, suscitate con la promulgazione della Legge 107/2015 ponendo una serie di domande.