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Circolare compiti, Galiano: “Ciò che manca è la formazione dei docenti su come si progettano. Ma poi, servono davvero?”

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Lo scrittore e docente Enrico Galiano non poteva esimersi dal commentare la circolare sui compiti a casa emanata lo scorso lunedì 28 aprile direttamente dal ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara. La sua analisi è molto interessante e affonda le radici sulla sua esperienza personale in cattedra.

Ecco cosa ha detto, su Il Libraio: “C’è una cosa che nella scuola italiana riesce dividere proprio tutti: genitori, insegnanti e studenti. No, non è l’amore per il latino. Sono i compiti a casa. Li si ama, li si odia, li si rimanda, li si copia da ChatGPT (sì, lo so che mi state leggendo, cari studenti), ma alla fine ci toccano tutti. E adesso è arrivata anche la circolare del Ministro a ricordarcelo: niente assegnazioni dell’ultimo minuto sul registro elettronico, meglio se i carichi vengono distribuiti bene nella settimana, occhio al calendario e – udite udite – cerchiamo di metterci un minimo d’accordo tra colleghi. Un piccolo passo per il docente, un grande salto per la civiltà.

Cosa dice la scienza

Ma la vera domanda resta: i compiti a casa servono davvero? Cosa dice la scienza? Gli studi sono chiari come una verifica di geometria alle 8 del mattino: alle elementari? I benefici sono minimi, quasi nulli; alle medie e superiori? Qualcosa si muove. Ma solo se i compiti sono ben progettati.

Lo spiega bene Joyce Epstein, docente alla Johns Hopkins University: un compito ben fatto fa imparare di più, coinvolge le famiglie e dà senso al programma scolastico. Ma dev’essere interessante, concreto, e – magari – con un pizzico di umanità. Non il solito: ‘Fai i problemi da 1 a 14 a pagina 38’, che è come dire: ‘Spegniti lentamente'”.

Il problema è: casa di chi? E qui arriva il punto dolente. Perché i compiti a casa, per definizione, si fanno a casa. Ma non tutte le case sono uguali. Ci sono case dove c’è un papà o una mamma pronti a sedersi accanto al figlio, rileggergli la consegna, offrirgli una merenda bio e dirgli: ‘Dai che ce la facciamo insieme!’. E poi ci sono case dove non c’è nessuno. O ci sono troppi. Dove non si parla italiano. Dove non c’è una scrivania. Dove c’è da badare ai fratelli più piccoli. Dove l’unico compito è resistere. E lì, il compito a casa non è solo inutile: è ingiusto. Diventa una forma di discriminazione silenziosa. Di quelle che nessuno nota nei voti, ma che segnano per sempre chi resta indietro.

L’aneddoto

Un compito può anche essere una miccia accesa, se ci si mette dentro un po’ di cura. Ti racconto una cosa: qualche tempo fa ho assegnato alla mia classe di terza media un compito un po’ strano. Dovevano intervistare un anziano del quartiere per scrivere un mini racconto in cui intrecciavano il suo ricordo con un evento storico studiato in classe.

Pensavo che avrebbero protestato. Invece hanno creato delle cose pazzesche. Alcuni hanno scoperto che il vicino silenzioso era stato partigiano. Altri hanno bussato alla porta della nonna della compagna di banco – una che di solito non parlava mai con nessuno – e le hanno fatto raccontare della fame durante la guerra. Hanno collaborato, si sono cercati, hanno camminato insieme anche fuori da scuola. E per una volta, il compito non li ha divisi: li ha uniti. È lì che ho capito che il problema non sono i compiti. Il problema è come li pensiamo.

La verità? La cosa che manca davvero, oggi, non è tanto un regolamento sui compiti. È una vera formazione degli insegnanti su come si progetta un buon compito. Perché sappiamo insegnare l’analisi logica, le equazioni, la fotosintesi. Ma nessuno ci ha mai insegnato come farlo fare a casa, e perché. Serve che l’assegnazione dei compiti torni ad avere uno scopo, una direzione, una visione. Non dev’essere solo ‘più esercizi per consolidare’, ma ‘più occasioni per crescere’. Perché in fondo, se la scuola ha un senso, non è riempire agende: è accendere teste. E magari, anche qualche cuore”, ha concluso.

Il sondaggio

Ovviamente, non sono mancate le critiche alla iniziativa del titolare del dicastero di Viale Trastevere, ma anche chi ne ha sostenuto le vedute. La circolare è stata accolta con favore da associazioni dei genitori come il Moige, che la considera fondamentale per il benessere degli studenti e per promuovere l’autonomia e la responsabilità. Anche la Sottosegretaria Frassinetti ha espresso apprezzamento, vedendo nella circolare un modo per rafforzare l’alleanza scuola-famiglia.

Tuttavia, la nota ha suscitato anche un grande dibattito sui social. Alcuni genitori sembrano tendenzialmente a favore, mentre diversi insegnanti si sono espressi in modo contrario. C’è chi considera il problema dei compiti assegnati all’ultimo momento un “falso problema” o comunque non così diffuso, mentre altri riportano esperienze personali di carichi eccessivi o assegnazioni serali. Alcuni commenti critici evidenziano che la circolare sembra puntare il dito contro gli insegnanti.

Ma cosa ne pensano gli addetti ai lavori? La Tecnica della Scuola chiede ai propri lettori il loro parere al riguardo.

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