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Concorsi DS: finalmente qualcuno in ascolto

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Prendo spunto dalla recente lettera pubblicata al riguardo sul sito del sindacato dirigentiscuola-confedir per ritornare ancora una volta su una vicenda che, da circa dieci anni, attende giustizia e che, nonostante le promesse, da destra e da sinistra, è rimasta a tutt’oggi insoluta. Finalmente qualcuno in ascolto. Non solo, ma si riparte anche con un rinnovato impulso per dare una soluzione definitiva e soddisfacente ai tanti contenziosi, ancora in atto – nati dai concorsi per DS banditi nel 2004 e nel 2006 – che hanno generato una sorta di sfiducia nelle istituzioni.
Al punto da porsi la domanda se viviamo ancora in uno Stato di diritto, pure alla luce di più recenti vicende relative all’ultimo concorso bandito, quello del 2011. Una cosa appare chiara: la soluzione alle tante problematiche e “ferite” ancora aperte non può essere sanata dalle norme al riguardo contenute nel D.L. 58/14. Così facendo, infatti, potrebbero non trovare applicazione principi di equità e di giustizia valevoli per tutti. E vien da porsi una domanda: ma l’Italia è un Paese unico, governato dalle medesime leggi in ogni dove, o un insieme di staterelli, costituiti da singoli enti regionali, dove le norme nazionali possono essere applicate, utilizzando l’iniquo meccanismo dei “due pesi e due misure”?
Nella lettera suindicata si richiama il caso della regione Sicilia, trattato come un fatto a sé stante. Un altro caso che si potrebbe citare è quello del Trentino dove i partecipanti ad un bando, in una provincia a statuto speciale, non tutti risultati vincitori, sono stati poi collocati anche in altre regioni italiane. Che dire poi laddove nell’atto di nomina compare la classica fomuletta “in attesa della risoluzione del contenzioso”?
Ebbene, ci auguriamo che finalmente anche i Ministri dell’Istruzione, Giannini, e della Funzione Pubblica, Madia, in uno al Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ai quali è indirizzata la lettera suindicata, vogliano dare adeguate e pronte risposte ad una platea di docenti che vivono uno stato di perdurante sofferenza, generato da una disparità di trattamento, per un’ingiustizia della quale si ritengono vittime da oltre dieci anni.