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Cyberbullismo, il 50% delle vittime è anche bullo

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“Nel bullismo informatico il 50% delle vittime è anche bullo. Quello che non abbiamo, se non in modo marginale, nel bullismo tradizionale, si verifica invece in rete. In rete è molto facile trasformarsi in autori di condotte di prevaricazione, di umiliazione, di atti di esclusione”. Lo afferma la senatrice Elena Ferrara, prima firmataria della legge n 71 del 2017, la prima legge in Europa contro il cyberbullismo, nata il 17 maggio del 2017, ormai 4 anni fa.

La genesi della legge e le considerazioni della senatrice Elena Ferrara

In occasione della diretta della Tecnica della Scuola Live, la senatrice Ferrara, colei che ha voluto fortemente la legge 71, che l’ha scritta e l’ha promossa, ci racconta la genesi della legge stessa, a partire da un’esperienza drammatica che ha dato il La alla norma: l’episodio di Carolina, una ragazzina morta suicida per un video fatto circolare in rete. Un video – ci spiega la senatrice – postato una sola volta dal suo autore, ma che poi ha fatto strada nelle chat e oltre, rovinando la vita di molte persone.

Un racconto tragico che ha il senso di farci comprendere quanto sia facile commettere errori in rete, anche da parte di soggetti che normalmente non adottano comportamenti da bulli; e che ci permette di realizzare quanto sia fondamentale agire in termini di prevenzione e di educazione all’uso del digitale. Continua infatti la senatrice: “Vanno salvati da certe condotte sia i bulli, quindi gli autori – che sono anche ragazze – sia le vittime,” perché nel mondo digitale basta sbagliare una volta per rovinare la propria vita e quella degli altri.

In altre parole, mentre nel bullismo tradizionale, le vessazioni sono continue da parte di un bullo e testimoniano una certa volontà di prendere di mira una vittima, nel cyberbullismo, di norma, non c’è reiterazione di reato. Il reato lo si commette una volta sola, alle volte per superficialità e leggerezza, ma è la rete stessa a reiterarlo e a moltiplicarlo in modo esponenziale. Ecco perché smartphone e social sono talmente pericolosi e insidiosi. Ed ecco perché – insiste la senatrice Ferrara- il punto non è tanto punire quanto prevenire.

Il pedagogista Rodolfo Marchisio

Un argomento che nella diretta della Tecnica della Scuola Live abbiamo trattato anche con il pedagogista Rodolfo Marchisio, esperto di cittadinanza digitale e di cyberbullismo.

I nostri figli vanno in rete, usano lo smartphone anche di notte e in camera loro, spesso lontano da noi, ma “lo smartphone è una macchina da non dare in mano a chiunque e a qualsiasi età – raccomanda l’esperto – perché può procurare danni al cervello e insonnia se usato di notte, crea dipendenza ed è il principale strumento da cui partono atti di cyberbullismo”.

Eppure spesso dialogando nelle scuole o coi genitori ci si accorge del fatto che nonostante un lavoro pluriennale di informazione e sensibilizzazione ci sono zone oscure che impediscono di comprendere tutti gli aspetti di questo fenomeno ed essere consapevoli delle conseguenze.

La responsabilità della scuola e dei genitori

Chiarisce sempre Rodolfo Marchisio: “Per fortuna la legge prevede soprattutto che il cyberbullismo venga combattuto prima con informazione, sensibilizzazione, incontri tra docenti e genitori, progetti educativi appositi e un referente per scuola responsabile della prevenzione di questo reato, la tutela delle vittime e la informazione sulle possibili strade per uscirne e molte altre iniziative, in collaborazione con Associazioni”

E ci ricorda i compiti delle scuole:

  • gli uffici scolastici regionali e le singole scuole devono promuovere attività di educazione e di sensibilizzazionesul fenomeno del cyberbullismo;
  • ogni scuola deve individuare un docente responsabile in materia e promuovere delle attività di informazione sull’uso intelligente di internet;
  • se il dirigente scolastico viene a conoscenza di episodi di cyberbullismo deve avvisare immediatamente i genitori.

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