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Decreto scuola: ecco perchè De Lorenzo (M5S) ha votato contro [INTERVISTA]

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Ha fatto rumore, nei giorni scorsi, la decisione dell’onorevole Rina Valeria De Lorenzo (M5S), di votare contro il decreto scuola, in contrasto con il suo gruppo parlamentare.
De Lorenzo è deputata del Movimento 5 stelle, componente dell’XI commissione della Camera (Lavoro Pubblico e Privato), insegnante di scuola secondaria di secondo grado ed ha ricoperto un ruolo di dirigente sindacale nazionale nella FGU.
Per comprenderne le ragiono l’abbiamo intervistata.

On. De Lorenzo, ci spiega in sintesi i motivi del suo no al DL 22?

Preciso che non ho votato il D.L. 22 in linea con il mandato elettorale ricevuto (e con il programma elettorale del Movimento), in coerenza con l’onestà intellettuale e la trasparenza, elementi indispensabili per chi deve operare nell’esclusivo interesse dei cittadini. Nel decreto contenente “Misure urgenti sulla regolare conclusione e l’ordinato avvio dell’anno scolastico” avrei voluto leggere risposte ai problemi irrisolti che attanagliano il mondo della scuola da anni come quello della eliminazione delle cosiddette “classi pollaio”, possibile solo grazie a un massiccio reclutamento di personale che avrebbe consentito la riduzione del numero degli alunni per classe e un importante e reale investimento nell’edilizia scolastica.
Queste risposte, che sono strutturali e non transitorie,  non hanno invece trovato posto nel decreto che, tra l’altro, non dà alcuna certezza relativamente all’organizzazione per la riapertura del nuovo anno scolastico.
“La scuola è aperta a tutti” recita la Costituzione e nel rispetto di questo principio dobbiamo operare affinché a settembre le aule tornino ad animarsi, nella consapevolezza che il ritorno alla socialità rappresenta una priorità per realizzare l’unico modello pedagogico di insegnamento possibile, quello in presenza, che nessun computer potrà mai sostituire.

La procedura per decretazione  ha caratterizzato sia il governo  Conte 1 sia il Conte 2  per quanto riguarda la Scuola, non crede sia stato un limite oggettivo, non sarebbe stato il caso di approvare nella diciottesima legislatura  una legge quadro sulla scuola tale da coinvolgere tutto il Parlamento sia le forze di maggioranza sia di opposizione?

La procedura per decretazione è evidentemente stata la risposta obbligata a provvedimenti necessari ed urgenti che diversamente non si sarebbero potuti adottare. Ritengo assolutamente necessario il coinvolgimento dell’intero Parlamento, delle parti sociali e di tutti gli attori coinvolti nel processo di apprendimento nella strutturazione di progetto condiviso di scuola. Il mondo della scuola è stato troppo spesso oggetto di presunte rivoluzioni copernicane che nascondevano solo tagli o tentativi maldestri, nemmeno tanto celati, di orientare in senso utilitaristico la funzione formativa ed etica della scuola che non può e non deve adeguarsi alle necessità contingenti o futuribili, ma deve essere istituzione formatrice ispirata ai principi dei nostri padri costituenti.

Quando si parla di interventi economici su e per la scuola non si dovrebbe parlare mai di spesa ma investimenti per il futuro del Paese. 
Su questo tutti i partiti al governo convengono in teoria. Invece abbiamo l’impressione che ancora sulla scuola si facciano investimenti del tutto insufficienti, appena un miliardo e cinquecento milioni in due anni in un momento eccezionale quando ci vorrebbero dai 4 ai 5 miliardi.
Per il Governo in termini di investimenti la Scuola vale meno dell’Alitalia.  Non crede che sia venuta l’ora di  fare pressione sul Mef che ha un ministro di area PD e una viceministra Laura Castelli dei 5 stelle, insomma On. De Lorenzo se non ora, quando?

È proprio questo il momento giusto per pretendere che la scuola sia considerata un investimento serio nel futuro della vita del nostro Paese ed è proprio in questa direzione che va il mio lavoro di parlamentare, perché gli investimenti non possono essere orientati dalle potenti lobbies che perseguono i propri interessi di parte, ma devono essere espressione di un’idea, di una visione del Paese patrimonio delle future generazioni. E’ impensabile realizzare il Ponte sullo stretto di Messina conoscendo la situazione fatiscente di moltissime strutture scolastiche, sentirei davvero di tradire l’etica del mio lavoro; il decisore politico ha il compito di vagliare costi e benefici di qualsiasi azione e di investire nel modo che sia più proficuo per il cittadino come “un buon padre di famiglia”.
Ricordo che in una sua recente intervista il Ministro Gualtieri si è impegnato a riportare la spesa per la scuola pubblica al di sopra della media europea ed è questo il mio auspicio, affinchè nel decreto Rilancio siano messi in campo i primi interventi volti anche al contrasto alla povertà educativa e alla dispersione scolastica.

I sindacati, tra cui anche la Fgu,  per i precari non inseriti nelle 4 graduatorie di immissioni in ruolo,  chiedevano una procedura per titoli con una prova finale e la conferma in ruolo,  mentre il suo partito con la Ministra Azzolina , considerava terminata la fase transitoria,  insomma quella delle sanatorie, e ha previsto un concorso speciale selettivo in ingresso nella scuola secondaria. Qual é la sua posizione?

Il diritto dei precari ad essere stabilizzati non è il diritto ad una sanatoria o a percorsi privilegiati come da più parti ho sentito affermare, ma è il diritto alla regolarizzazione di una posizione lavorativa per cui l’Italia ha ricevuto esplicito richiamo dall’Unione europea. E’ decisamente inaccettabile che ai docenti che hanno reso possibile il buon funzionamento della scuola italiana da lustri si chieda di dimostrare un non meglio specificato “merito” che hanno già ampiamente dimostrato in classe con gli studenti e, durante l’emergenza Covid, con la DAD, una didattica emergenziale che con tutti i suoi limiti legati alla garanzia del diritto allo studio per tutti, ha rappresentato l’unico strumento possibile per consentire una qualche forma di relazione educativa nel lockdown. Per i docenti precari si sarebbe potuto procedere con l’adozione di procedure più snelle che, lungi dal configurarsi come privilegio, avrebbero sanato un’anomalia tutta italiana dell’abuso dei contratti a termine e contemporaneamente avrebbero garantito la ripresa delle attività didattiche sin dal primo giorno di scuola senza il consueto balletto di cattedre.

L’emergenza Covid 19 poteva essere l’occasione giusta per rinnovare la Scuola, incrementando gli organici, intervenendo sull’edilizia, riadattando gli spazi esistenti e ristrutturando le scuole chiuse per la politica degli accorpamenti e delle fusioni.
Interventi che dall’emergenziale si sarebbero potuti  trasformare in strutturali, più  organico, più  classi , più  laboratori, meno alunni per classi.  Un intervento occupazionale unito al rilancio della filiera dell’edilizia. Niente di tutto questo si farà, stando alle diverse notizie diffuse dal MI e poi smentite.
Cosa intende fare il suo partito su queste emergenze che, come sa, non sono dovute solo al contagio?

Troppo spesso la centralità dell’istituzione scolastica ha costituito solo l’oggetto di mere dichiarazioni programmatiche che nei fatti sono state contraddette, in alcuni casi anche in maniera devastante. Pensiamo ai drammatici tagli al tempo scuola e agli organici operati dalla riforma Gelmini e al tentativo di aziendalizzazione e gerarchizzazione della scuola messo in campo con la Legge 107.
L’emergenza Covid deve costituire una straordinaria occasione per ridare centralità alla scuola, prioritaria nell’allocazione degli investimenti da parte del governo attraverso un piano di rinascita culturale che si traduca in investimenti reali nella scuola pubblica a partire dall’ampliamento degli organici e dall’incremento del tempo scuola, colmando quella storica sperequazione tra nord e sud dell’Italia, con importanti investimenti strutturali nell’edilizia scolastica e riapertura delle sedi chiuse per il dimensionamento.
L’incremento delle risorse umane nella scuola dal personale ATA ai docenti a cui va restituita dignità sociale e giusto riconoscimento economico farà il resto. In questo preciso momento storico la necessità di rilanciare il Paese converge con l’esigenza di investire seriamente nella scuola e nella formazione dei cittadini che passa attraverso le aule la cui chiusura ha rappresentato una ferita per tutti.

Gli insegnanti che sono stati “grandi elettori” del M5S nel marzo 2018 sono molto delusi dalle politiche scolastiche del suo partito che ha abbandonato il riformismo e pare solo impegnato nella gestione dell’esistente.
La 107 sta ancora  lì  e anche la legge Gelmini, come risponde a queste critiche?

La “sola” gestione dell’esistente non mi pare abbia una valenza riduttiva del lavoro svolto da questo governo in un momento storico senza precedenti nella storia della Repubblica.  Il Movimento 5 stelle sta affrontando la più grave crisi economica e sociale dal secondo dopoguerra, con enormi ricadute sull’occupazione. Le dimensioni di questo shock finanziario dipenderanno dalla resilienza istituzionale complessiva del nostro Paese la cui sfida è quella di impedire che la crisi sanitaria si trasformi in crisi dell’istruzione di qualità, della giustizia sociale e del benessere degli insegnanti. Riaprire la scuola significa continuare quel secolare processo di istruzione dei cittadini che, secondo un’indagine OCSE PISA svolto dal 2011 al 2018, per il 70% ha difficoltà di comprensione di un testo non specialistico. La cultura ha un valore in sé, ma le sue ricadute politiche ed economiche sono gravi: mi domando come possa funzionare bene una democrazia quando i 2/3 della popolazione non ha gli strumenti necessari per partecipare alla vita sociale.  Quanto alle ricadute sull’economia un recente studio l’OCSE ha evidenziato il rischio della “trappola delle basse competenze” nel quale le aziende cercano solo manodopera a basso costo e remunerano meno quelle elevate.
Gli insegnanti, come lei giustamente afferma, sono stati i grandi elettori del M5s nel marzo 2018 ed hanno affidato proprio al Movimento il loro malessere ed è per questo che dobbiamo dare loro risposte nei prossimi provvedimenti legislativi.

Una scuola bistrattata da troppi anni nel nostro Paese merita risposte immediate affinchè l’anno scolastico possa svolgersi in presenza ed in condizioni di effettiva sicurezza escludendo ogni ipotesi di didattica mista o eventuali riduzione dell’ora di lezione, tutte misure di dubbia efficacia sanitaria, ma di sicuro pregiudizio al diritto allo studio.