Home Attualità Didattica a distanza a richiesta dei genitori: un errore culturale e pedagogico

Didattica a distanza a richiesta dei genitori: un errore culturale e pedagogico

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Dopo essere stata decisa con una apposita ordinanza dal presidente della Regione Puglia Michele Emiliano, adesso la didattica a distanza a richiesta viene caldeggiata anche da qualche costituzionalista.

“Per la verità – osserva Aluisi Tosolini, pedagogista e dirigente del Liceo Bertolucci di Parma – l’idea di scegliere il percorso educativo che deve seguire il proprio figlio determinando i tempi, i modi, i luoghi e le specifiche didattiche è previsto dalla Costituzione italiana (art. 34) e si chiama istruzione parentale e sta vivendo in questi anni una sempre maggiore diffusione con l’etichetta di homeschooling

E’ vero, ma a noi sembra che l’idea di riconoscere ai genitori il diritto di scegliere fra didattica a distanza e didattica in presenza potrebbe aprire la strada a situazioni quanto meno anomale.
Perché mai, per esempio, non riconoscere allo studente il diritto di fruire delle lezioni a distanza in modalità asincrona per rispettare meglio i suoi ritmi di apprendimento?

“Nel caso ipotizzato dalla Regione Puglia, ovvero una sorta di scuola a là carte – sottolinea ancora Tosolini – non va poi  dimenticato che la propria scelta incide pesantemente su quanti fanno una scelta difforme. Pretendere di seguire a distanza le lezioni mentre gli altri sono in presenza significa costringere i propri compagni e docenti e cambiare modo di lavorare, ad utilizzare strumenti tecnologici anche quando non sarebbe necessario oltre a costringere la scuola ad averceli tutti questi strumenti tecnologici più connessione a banda ultralarga”.

C’è per un aspetto che non va però trascurato: non da oggi psicologi e pedagogisti sostengono che ogni studente ha un proprio stile di apprendimento: c’è chi preferisce quello visivo e chi invece ottiene i migliori risultati usando il canale uditivo.
E allora si potrebbe pensare di usare lezioni registrate e ognuno le usa poi come meglio ritiene, guardando il video completo o ascoltando solo l’audio. Ma ci potrebbe essere chi vorrebbe leggere il testo della lezione e quindi sarebbe necessario trascrivere tutto e trasformare la lezione “parlata” in un capitolo scritto.

Replica Tosolini: “Non escludo che una cosa del genere si possa fare in situazioni molto specifiche ed eccezionali (studenti a casa in quarantena, gruppo classe metà a casa in ddi e metà in presenza per rispettare il 50% di frequenza in presenza come da ultimo DPCM, gravi patologie di studente che non può fisicamente venire a scuola….) ma se si riduce a capriccio … beh allora la risposta è semplice: ricorrere al precettore privato !”

Cioè? Proviamo a spiegare un po’ meglio la questione del precettore privato

La figura del precettore – spiega Aluisi Tosolini – era stata teorizzata dal grande John Locke (1632-1704) che raccolse in volume (Pensieri sull’educazione) le lettere scritte ad un suo nobile amico, Lord Edward Clarke of Chipley, che gli chiedeva consigli su come educare la prole.
Le 217 lettere di Locke rispondono alla necessità di formare l’élite della società borghese. Il suo ideale è il gentleman, il suo pensiero è il manifesto dell’individualismo liberale in educazione.
Non per nulla Locke è il padre dei diritti di libertà che la Costituzione italiana (art. 3) media proprio con i diritti e i doveri di solidarietà che vedono nella scuola una delle istituzioni della repubblica chiamate a rimuovere ostacoli che si frappongono alla pienezza della cittadinanza e non a crearli”

Senza dimenticare – concludiamo noi – che la scuola non è solo un luogo dove si acquisiscono conoscenze, ma è prima di tutto palestra di cittadinanza; la scuola deve essere un’agorà dove i ragazzi costruiscono conoscenze e modelli interpretativi del reale in modo cooperativo.
La costruzione della conoscenza è sempre un’operazione di carattere sociale e la socialità si realizza sempre nel confronto con l’altro.