
Da Mnemosine, figlia di Urano e di Gea e madre delle Muse, a Sant’Agostino, per il quale la memoria è il “deposito di tutti i prodotti del nostro pensiero”, a Giordano Bruno, che scrive una sorta di manuale sulla tecnica della memoria, fino al “Giorno della memoria” e dunque alla sua didattica nelle scuole, affinchè non si scordi la storia e soprattutto quella che ha riguardato le efferatezze dell’uomo sull’uomo e a monito perché mai più si verifichi.
Ma come trasmettere la memoria della shoah la alle nuove generazioni? Come fare in modo che la storia non venga percepita come un racconto lontano, ma diventi occasione di riflessione e consapevolezza?
E per avvicinare i ragazzi proprio a quella storia, quella che ha coinvolto milioni di ebrei nella Shoah, Matteo Corradini, ebraista e scrittore, Premio Andersen 2018, manda in libreria per Erickson, “Noi siamo Memoria. Didattica della memoria: percorsi su ebraismo e shoah alla scuola secondaria”, 17,50€. Un testo per gli insegnanti che desiderano dare un senso alla memoria e trasformarla ai loro alunni come occasione di crescita e di sviluppo della loro consapevolezza.
“Sia gli adolescenti che la memoria della Shoah – scrive l’Autore – si liberano e ci sorprendono. Mondi così distanti sono forse uniti da un senso di passaggio, di transito. Di viaggio, come se lo scorrere lento della memoria e la frettolosa velocità dell’essere giovani potessero andare a tempo. In fondo, il passato degli adolescenti lo abbiamo in parte costruito noi adulti”.
E a tale riguardo propone 5 attività, utili sia per entrare nei meandri della storia dell’ebraismo, sia per comprendere le “ideologie” di morte delle dittature, sia per non scorare appunto lo sterminio di oltre 6 milioni di innocenti, colpevoli di essere ebrei.
- L’ebraismo visto da vicino
2. Secoli di pregiudizi, anni di regimi
3. L’inizio dello sterminio
4. Lo sterminio
5. Dopo la Shoah
Attraverso queste tappe gli studenti possono vivere esperienze significative e formative, rendendo concreto, sensato e coinvolgente il loro “fare memoria”, considerato pure che fra i ragazzi incomincia ad emerge una crescente non-conoscenza, che talvolta rasenta la negazione, di quello orrendo massacro di massa, nel corso della Seconda guerra mondiale, da parte dei Nazisti di Hitler, che è “ricordato” appunto come Olocausto. In questo scenario, la memoria diventa un’arma fondamentale, mentre più delicato appare trasmetterla ai giovani.
Per ogni tappa del percorso proposto in questo testo, sono previsti degli obiettivi generali, e ogni attività ha invece degli obiettivi particolari. In questo modo gli studenti possono vivere esperienze significative e formative, rendendo concreto, sensato e coinvolgente il loro “fare memoria”.
Fare memoria dunque, anche perché, come precisa Corradini, sembra che il 59% della Generazione Z non sappia che nella Shoah furono assassinati sei milioni di ebrei, il 22% ritiene accettabile che un individuo sostenga le opinioni neonaziste e il 13% non ne è sicuro.
E ancora significativo appare che l’89% conosce Anne Frank, ma il 32% non sa che morì in un campo di concentramento, che il 45% degli ebrei francesi preferisce che i loro figli non rivelino in pubblico che sono ebrei, mentre il 20% è stato vittima di un’aggressione fisica antisemita.
Più pericoloso il fatto che tra tanti giovani è ritenuto che la Shoah sia “esagerata o inventata”.
Per questo, suggerisce l’autore, occorre “Avere un rapporto dinamico con le nuove generazioni. Avere un rapporto dinamico con il passato è un altro passo complesso e importante. Mettere insieme le due cose significa, per me, essere sulla strada giusta. Ossia fare di tutto perché la nostra Italia, nei confronti del proprio passato, si responsabilizzi ed esca da una condizione infantile”.