Home Politica scolastica Diplomati magistrale: altri immessi in ruolo, ma subito licenziati

Diplomati magistrale: altri immessi in ruolo, ma subito licenziati

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Non si placano le polemiche sulla soluzione adottata dal “decreto dignità” per i cosiddetti diplomati magistrale.
Nei social post e commenti si contano ormai a centinaia.
Nonostante la giornata quasi festiva, lo stesso senatore Mario Pittoni, presidente della Commissione Cultura del Senato, è intervenuto sul problema con un post in cui prova a riassumere l’intera vicenda.
“Facciamo attenzione a non rovesciare la realtà – sottolinea con veemenza Pittoni – il decreto dignità non lascia a casa le ‘maestre’. E’ il Consiglio di Stato a non aver confermato il loro inserimento in ruolo e nelle graduatorie ad esaurimento”.
“Al contrario – rivendica il senatore della Lega – noi abbiamo teso loro la mano, da una parte con un contratto a tempo determinato con scadenza al 30 giugno 2019  e dall’altra mettendo in piedi un concorso straordinario che rimetterà buona parte di loro in carreggiata per puntare al ruolo vero, stavolta senza riserve”.

“Peraltro – aggiunge ancora Pittoni – si tratta sostanzialmente della stessa proposta che avevo lanciato lo scorso dicembre, subito dopo la decisione del Consiglio di Stato estendere l’idea contenuta nell’art. 17 commi 2 e 3 del decreto legislativo 59/2017 anche a scuola primaria e dell’infanzia, adattandola alle diverse caratteristiche di tali categorie”.
“In pratica – ricorda il presidente della Commissione – chi era in ruolo con riserva avrà l’occasione di utilizzare un punteggio speciale assegnato per il superamento dell’anno di prova”.

A chi pretende un provvedimento di legge che cancelli di fatto i pronunciamenti della magistratura Pittoni fa presente che “la cosa è ovviamente non praticabile”.

Il senatore della Lega sostiene insomma che bisogna stare con i piedi per terra e cercare di fare tutto quello che è possibile per non disperdere le professionalità dei docenti toccati dalla sentenza del Consiglio di Stato.

“Al concorso – ricorda Pittoni – si potrà partecipare al con almeno due anni di insegnamento nella scuola pubblica” e a chi ritiene che questi vincoli siano eccessivi fa presente che la scelta è stata fatta per “limitare il prevedibile assalto alla diligenza che penalizzerebbe in primo luogo proprio coloro ai quali il concorso è rivolto”.

Intanto nei prossimi giorni in tutte le regioni proseguiranno le operazioni per le immissioni in ruolo: molti dei destinatari sono appunto diplomati con il vecchio ordinamento e quindi dopo essere stati assunti riceveranno certamente il decreto di revoca del contratto. Una complicazione di cui non si sentiva la necessità e che forse sarebbe stato opportuno prevedere già da subito.
Alla primaria e all’infanzia, insomma, l’anno scolastico potrebbe iniziare con qualche complicazione in più del solito, a meno che il Miur non riesca a trovare subito una soluzione amministrativa semplice ed efficace.