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Docente tutor finanziato con i fondi del PNRR che però saranno disponibili per tre anni al massimo. E dopo?

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Poco per volta il progetto del ministro Valditara di intervenire con misure importanti per ridurre in modo significativo la dispersione scolastica sta prendendo corpo.
Nelle ultime ore, come abbiamo già scritto, il Ministro ha dichiarato di essere al lavoro con sindacati per poter istituire al più la figura del tutor nelle scuole secondarie.
Per la verità al momento non risultano incontri programmati fra le parti su questo tema, ma questo è un dettaglio perché ciò che conta è l’intenzione del Ministro di aprire il confronto con i rappresentanti dei lavoratori.
E questo è già un passo in avanti perché significa che, almeno, non si partirà subito in un contesto di conflittualità.


Il problema più complesso e di difficile soluzione riguarda invece le modalità con cui il Ministro pensa di finanziare il progetto.
Stando alle dichiarazioni di Valditara le risorse dovrebbero infatti arrivare dai fondi del PNRR.
Molto bene, si dirà.
Ma forse non è proprio una buona soluzione perché le risorse europee non sono di carattere strutturale e durano al massimo fino al 2026. Quindi finanziare l’istituzione del tutor in questo modo significherebbe fare una “riforma a tempo” che durerà cioè per non più di tre anni scolastici.
E dopo, cosa si farà ?


Senza contare che i risultati di una innovazione di questo genere non sarebbero immediati: è difficile pensare che basterà istituire i tutor, che oltretutto necessiteranno di una specifica formazione, per ridurre in modo significativo dispersione e abbandoni.
E c’è poi anche un altro aspetto da considerare; il Ministro sembra intenzionato ad avviare un progetto nazionale che coinvolga tutte le scuole del secondo ciclo, mentre i dati parlano chiaro: in alcune regioni la dispersione si attesta su percentuali fisiologiche o comunque allineate ai parametri europei (in qualche caso, anzi, i dati sono persino inferiori ai valori medi dei Paesi UE); in altre regioni (e sono quelle del Sud) le percentuali sono invece molto alte, mentre in alcune realtà sono addirittura inaccettabili (si arriva anche a superare il 30%).

Insomma: quello della dispersione è un tema molto complesso e non è possibile affrontarlo con soluzioni semplici o addirittura semplicistiche.