
Ancora una volta, i numeri dei docenti immessi in ruolo e delle supplenze su cattedre scoperte, relativi alle scorse settimane, dicono che c’è ancora molto da lavorare: i dati ufficiali di questo avvio di anno scolastico, comunicati il 7 ottobre dai dirigenti del ministero dell’Istruzione e del Merito ai sindacati, sono infatti purtroppo abbastanza in linea con quelli del recente passato. Con una percentuale importante di mancate stabilizzazioni, rispetto al contingente autorizzato dal Mef per via della mancanza di abilitati in diverse classi di concorso e province, anche di specializzati su sostegno; e soprattutto confermano l’eccessivo ricorso alle supplenze annuali, con il totale (ancora non definitivo poiché vi sono non pochi posti ancora da coprire) che ad oggi non risulta lontano dalla preoccupante quota di 200mila, abbondantemente superata nell’ultimo triennio.
Immissioni in ruolo
Dei 48.504 posti autorizzati dal decreto ministeriale per le immissioni in ruolo, a fronte di 52.885 posti vacanti per l’anno scolastico 2025/26, al 24 settembre risultano 29.685 docenti assunti a tempo indeterminato, con la possibilità di assumere altri 4.403 entro il 31 dicembre 2025.
I docenti assunti tramite le procedure Pnrr sono 18.566, mentre gli idonei al concorso 2020 sono 1.821.
Per gli insegnanti di religione cattolica (IRC) le assunzioni a tempo indeterminato si fermano a 6.022 unità.
Supplenze annuali
Per quanto riguarda i contratti a tempo indeterminato, con scadenza 31 agosto 2026 o 30 giugno 2026, il ministero dell’Istruzione e del Merito ha fatto sapere alle organizzazioni sindacali che al 24 settembre scorso risultavano 182.641 contratti a tempo determinato tra posti comuni e di sostegno, di cui 76.100 sul sostegno e 44.926 conferme, sempre su sostegno, a seguito della scelta formulata dalle famiglie (meno della metà di quelle però presentate in origine a fine primavera 2025).
Nel 2023, in pratica, i docenti che hanno stipulato un contratto annuale sono stati 234.576 su un totale di 943.68 docenti in servizio: poiché otto anni prima si attestavano attorno alle 115mila unità, ciò significa che si passati in otto anni al raddoppio del precariato, schizzato dal 12% del 2015 al 24% del 2023. Se va bene, quest’anno al termine del conferimento delle supplenze, la percentuale potrebbe scendere un po’, ma temiamo non di molto.
Il commento del sindacato
Secondo Giuseppe D’Aprile, segretario generale Uil Scuola Rua, “i numeri diffusi dal Ministero dell’Istruzione e del Merito certificano ciò che la scuola italiana si regge sulla precarietà: è una cifra enorme, che fotografa una realtà ormai strutturale, dove il lavoro precario è diventato la regola”.
Sul sostegno – sottolinea il segretario – la precarietà assume proporzioni inaccettabili: migliaia di alunni con disabilità si ritrovano a inizio anno con un insegnante diverso a quello precedente, con conseguenze negative sulla continuità didattica e sulla qualità dell’inclusione. È indispensabile assumere a tempo indeterminato tutti i docenti specializzati, attingendo non solo dai concorsi ma anche dalle Gps”.
“Ad aggravare la situazione da qui ai prossimi mesi – aggiunge – le centinaia di supplenze che verranno assegnate, sull’organico in deroga (con scadenza 30 giugno 2026 ndr), a docenti senza titolo tramite gli interpelli”.
Il leader della Uil Scuola ritiene che sia “paradossale chiedere ai precari di garantire il funzionamento quotidiano della scuola”, senza però riconoscere “loro il diritto a un lavoro dignitoso e sicuro. La scuola ha bisogno di tempi certi, procedure efficienti e chiare e di personale stabile”.
Sul fronte delle assunzioni a tempo indeterminato, le cose non vanno meglio: è un sistema di reclutamento che porta all’immissione in ruolo dopo troppo tempo.
Sempre secondo D’Aprile, questa attesa infinita, dopo anni e anni di precariato, “logora i nostri insegnanti e indebolisce la qualità dell’insegnamento”.
Il sindacalista sostiene che “non si può più sostenere il ricorso continuo alle supplenze: serve un piano straordinario di assunzioni, il pieno utilizzo delle graduatorie esistenti, comprese quelle degli idonei” ai concorsi pubblici, anche Pnrr, “e l’apertura delle Gps come ulteriore canale di accesso al ruolo. È tempo di trasformare l’organico di fatto in organico di diritto, mettendo fine a una gestione emergenziale che si ripete ogni anno”.




