Home Attualità Docenti, presidi, Dsga e Ata: gli “eroi normali” della scuola

Docenti, presidi, Dsga e Ata: gli “eroi normali” della scuola

CONDIVIDI

Passione, dedizione, creatività, immediatezza della responsabilità, fantasia didattica, veloce adattabilità, sensibilità etica ed educativa, tanta e tanta pazienza.

Sono alcune delle parole-chiave per descrivere il grande mondo dei docenti, dei presidi, dei dsga, del personale in questo frangente drammatico della nostra storia.
Pronti, da subito disponibili, senza remore, al di là di vincoli, prescrizioni, contratti, carenze e difficoltà varie.

Potremmo definirli, come ha fatto qualcuno, degli “eroi normali“, anche se credo sia giusto riservarle, queste espressioni, ai nostri medici e al personale sanitario.

Da anni, oramai, non più al centro delle attenzioni politiche e sociali, questa loro e nostra prontezza ha fatto intendere a tutti, in primis agli studenti e ai genitori, questo grande nostro patrimonio educativo e culturale.

Come ha scritto Antonio Polito di recente sul Corriere, tutti si sono accorti che “fare gli insegnanti è un mestiere difficilissimo: ma come cavolo riescono a tenere tanti bambini – e ragazzi – occupati e attenti per così tanto tempo quando noi non ci riusciamo nemmeno con uno per un’ora, e nel frattempo gli spiegano pure il ciclo dell’acqua e le frazioni? Ma poi, a parte quello che nelle nostre mani perdono in fatto di istruzione, è il crollo della disciplina, della capacità di attenzione, degli skill sociali, la rapida regressione dei nostri figli a convincerci definitivamente che gli insegnanti sono dei geni, la scuola è una grande invenzione, e noi non possiamo viverne senza”.

Da qui una semplice domanda: ci voleva il coronavirus per accorgersene?
In verità, dalle tantissime lettere di studenti, ma in più dei genitori, questo riconoscimento ce l’abbiamo tutti i giorni. Nel senso che sono settimane che ne ricevo. Tanto da pensare di dedicare l’Annuario della scuola 2020 proprio a questa drammatica e ricchissima esperienza.

La quale, lo sappiamo bene, non è tutto rose e fiori, perché le criticità da subito sono state e sono tante, perché il supporto ministeriale e degli uffici regionali è stato non immediato, perché le resistenze ideologiche di pochi docenti hanno reso tutto più difficile, perché il mondo sindacale nel complesso non è stato da subito in prima linea con noi.

Eppure, nonostante questi limiti, che sono sfumati col passare dei giorni, la scuola tutta, docenti e presidi in testa, ha dimostrato di esserci, di fare la propria parte, di tenere a cuore la stella polare, cioè il bene degli studenti e delle loro famiglie.
Resta una spina nel fianco: la sofferenza per non essere riusciti e per non riuscire a dare una mano a tutti, quindi un rischio concreto di aumento delle diseguaglianze, delle differenze.
Come dimenticare le le parole di don Milani?
Ma se le piattaforme relazionali non funzionavano per studenti o docenti stessi, ecco pronte le scuole ad assegnare tablet e computer, a svuotare le aule di informatica, anche se la connessione crea sempre nuove difficoltà.

Hanno cioè in tutti i modi cercato di venire incontro, garantendo comunque la comunicazione, anche solo con mail e whatsapp.

Questa esperienza ci ha insegnato tante cose: che la scuola viva chiede contatto diretto, chiede vita di classe e di comunità, che quindi la DaD non può vivere senza la classe reale, ma ci ha insegnato anche che le opportunità tecnologiche non vanno demonizzate, ma considerate strumenti che possono aprire nuovi orizzonti di comunicazione e di interazione.

Resta la responsabilità educativa della scuola, cioè l’uso intelligente di questi strumenti.

Grande compito che ha arricchito il quadro formativo che ci vede protagonisti anche oggi.
Guai se non ci fosse la scuola, guai se non ci fossero questi insegnanti in gamba, guai se non avessimo presidi che fanno la loro parte, assieme ai dsga e al personale.
Arriverà, dopo, il momento per una nuova attenzione verso questo mondo, da parte delle forze politiche, economiche, sociali, sindacali?

Con nuovi contratti, giusti riconoscimenti, in una cornice di una sempre più evidente etica della responsabilità personale?