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Dress code a scuola: sì a bermuda e t-shirt ma con colori sobri in un istituto, in un altro i docenti dovranno dare l’esempio

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Dress code a scuola, un’annosa questione che coinvolge gli istituti italiani da sempre, con l’avvicinarsi del periodo estivo. In mancanza di regole univoche, ogni scuola decide per sé. La dirigente di un istituto di Salerno è più accondiscendente, mentre c’è chi ha optato per maggiore rigidità.

La precisazione

Come riporta Il Mattino, nella scuola campana “in vista dell’aumento della temperatura – si legge nella circolare – è consentito utilizzare un abbigliamento più confortevole e pratico, indossando pantaloni tipo bermuda e t-shirt”. Una frase che ha provocato un’ondata di entusiasmo tra gli studenti: ma ad una condizione.

“È preferibile utilizzare pantaloni blu e magliette bianche, o perlomeno, colori sobri”, precisa la preside. “Si precisa, però, che tale abbigliamento dovrà rispettare comunque le regole della decenza ed essere consono al luogo che si frequenta, nel nostro caso la scuola. “Si ribadisce anche di evitare magliette troppo scollate o troppo corte o pantaloncini troppo corti e strappati”, si legge.

“I docenti sono pregati di vigilare in tal senso nelle classi e segnalare alunni che non rispettino le regole descritte”, recita il provvedimento dirigenziale.

Una circolare più severa

Altra scuola, in provincia di Pisa, e altra circolare, un po’ più severa. Ecco cosa c’è scritto: “La scuola è un contesto formale, equiparabile a quello lavorativo. Non sono adeguati e decorosi pantaloni corti, leggings, canottiere, top, ciabatte… tutto questo è adatto alle vacanze, non a scuola”.

“Saranno in prima persona docenti e personale scolastico a dare l’esempio, scegliendo un abbigliamento adeguato al ruolo e al contesto”, viene precisato.

Studenti buttati fuori da scuola perché in pantaloncini, i genitori: “Non siamo né in un istituto militare né in una moschea”

Qualche giorno fa in una scuola di Livorno è esploso un caso. Come riporta Il Tirrenodue studenti di un istituto superiore sono stati buttati fuori da scuola perché indossavano pantaloncini.

I due avrebbero violato il regolamento d’istituto. “Se non volete indossare i calzoni lunghi dovete portare i bermuda della divisa, è l’unica deroga consentita”, questa la spiegazione degli insegnanti, alcuni dei quali hanno fatto presente di essere contrari alle “norme pro-decoro” attuate dalla dirigenza, ma di non poter far niente per aggirarle.

genitori sono in protesta. L’articolo 48 del regolamento d’istituto impone infatti di “indossare un abbigliamento consono all’ambiente scolastico”. E in una mail del 5 maggio scorso è spuntato il “decreto di attuazione”. “Gli studenti – si legge nella circolare 432 – devono presentarsi alle lezioni con un abbigliamento adeguato. È fatto divieto di indossare infradito o ciabatte da spiaggia, magliette scollate, strappate, trasparenti o che tengano scoperta la pancia, pantaloni o gonne molto corte, canottiere, cappelli e cappucci alzati”.

Una comunicazione ribadita ai genitori anche mercoledì 14 maggio: “Desideriamo richiamare la vostra attenzione – è il testo – per un aspetto che da sempre caratterizza l’istituto: la particolare attenzione al decoro personale e all’ordine, sia nell’abbigliamento, sia nei comportamenti. La nostra scuola, infatti, ha una lunga tradizione nella formazione dei futuri ufficiali, un ambito professionale in cui la disciplina, la cura dell’aspetto e il rispetto delle regole rappresentano elementi fondamentali. Educare i nostri studenti fin da ora a questi valori significa prepararli con serietà e responsabilità a un ruolo che saranno chiamati a ricoprire. Per questo invitiamo le famiglie a collaborare affinché i propri figli rispettino le regole in termini di decoro, sobrietà e correttezza, contribuendo a mantenere un ambiente coerente con la missione educativa. Si chiede di venire a scuola con un pantalone lungo e vestiti in modo decoroso”.

“Non siamo né in un istituto militare, né in una moschea – spiega un genitore – ma in una scuola statale. Mio figlio, minorenne, è rimasto fuori: è in giro, di chi è la responsabilità se succede qualcosa? Perché dovremmo comprare per forza la divisa, spendendo all’incirca 50 euro, dato che questa è l’unica maniera per entrare in classe coi pantaloni corti? È in atto una discriminazione, un abuso di potere e un’interruzione del diritto allo studio”.