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Elezioni 2022, il PD ripropone la dote ai 18enni contro l’emigrazione giovanile: aiuto concreto o “mancia elettorale”?

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Le elezioni politiche del 25 settembre si avvicinano sempre più. I vari partiti sono già da tempo alle prese con la costruzione del proprio programma elettorale. Tra questi il Partito Democratico capitanato da Enrico Letta, il quale ha affermato di voler riproporre la cosiddetta “dote ai 18enni“. Questo punto sta facendo discutere; sono moltissimi i detrattori che bocciano la proposta per varie ragioni.

Di dote ai 18enni si è già parlato nel 2021, quando il PD l’ha proposta per la prima volta in un documento in occasione delle discussioni parlamentari sulla riforma del Fisco. L’idea, come riporta SkyTg24, è stata in quell’occasione bocciata da Mario Draghi per poi fare capolino oggi, dopo un anno.

Dote ai 18enni, da cosa verrebbe finanziata?

L’anno scorso il PD, nel documento in questione, ha parlato di una “dote di autonomia”, un contributo economico pari a 10.000 euro destinato ai neo adulti “provenienti da famiglie a reddito basso e medio vincolato al finanziamento di spese per formazione e istruzione, lavoro e imprenditorialità, casa e alloggio”.

Si è parlato in quest’occasione di finanziare la dote “portando al 20%, mantenendo la franchigia di un milione di euro per ogni beneficiario, l’aliquota per i trasferimenti in favore del coniuge o di parenti in linea retta di ammontare superiore a cinque milioni di euro”. Insomma, si proponeva di aumentare le tasse di successione nel caso di patrimoni milionari.

Stavolta Letta non ha menzionato l’importo esatto della dote. L’idea di tassare i patrimoni dei più ricchi, invece, è sempre presente. “Sarà finanziata con la tassa di successione per i patrimoni plurimilionari, è giusto che uno che ha un patrimonio così lasci qualcosa alla società. Se viene ridato ai giovani attanagliati dalla precarietà questo è il senso di generazioni che si aiutano”, ha detto il segretario dem.

I detrattori della dote

Anche stavolta l’idea del PD sta facendo alzare un polverone. Sono in molti a pensare che, per quanto le ragioni alla base della proposta possano essere condivisibili, non si tratta del giusto modo di attuarle. Per Giuseppe Conte “Il problema dei giovani non lo risolvi tassando i super ricchi e offrendo una dote ai 18enni. E chi ha compiuto dai 19 anni in su? I giovani non vogliono una dote, vogliono la speranza per il proprio futuro, vogliono un’opportunità concreta di lavoro, non il lavoro precario di un giorno o una settimana”.

È stato soprattutto Carlo Calenda, leader di Azione, a scagliarsi contro la proposta. “Ai 18enni non serve una dote ma un’istruzione di qualità e meno tasse sul lavoro”, ha commentato. In un tweet pubblicato oggi, 1 agosto, ha rincarato la dose: “La dote ai diciottenni è una proposta che aggira i veri problemi che sono formazione e tasse sul lavoro. Parlare di patrimoniale terrorizza i cittadini che escono da due anni di COVID e sono alle prese con inflazione. Sui grandi patrimoni è inefficace perché scappano. Siamo favorevoli a investimenti su istruzione, taglio delle tasse sui giovani, salario minimo, ius culturae e diritti”.

Anche Forza Italia è alquanto critica, come si legge dalle parole di Anna Maria Bernini riportate da SkyTg24: “Letta persevera, con una coerenza degna di altra causa, sulla tassa di successione per dare una dote ai diciottenni, confermando che la vocazione del PD è quella del partito delle tasse. Vanno garantite formazione e opportunità di lavoro, non mance elettorali”.

Chi è a favore della proposta

Ad esprimersi in favore dell’idea del PD è stata Laura Boldrini, che in un tweet ha detto: “Aiutare ragazzi e ragazze a realizzare i loro progetti professionali e di vita restando in Italia: a questo serve la dote ai 18enni. Contrastiamo l’emigrazione giovanile tassando le grandi ricchezze. È il principio della solidarietà, previsto dalla nostra Costituzione”.

Dello stesso parere è Graziano Delrio, che scrive: “Una dote per i diciottenni è un investimento sul futuro. Tassare patrimoni multimilionari non è uno scandalo. Funziona così in tutti i paesi con economie forti e moderne. Una comunità cresce solo se ognuno fa la sua parte”.

Anche il coordinatore dei sindaci PD Matteo Ricci supporta Letta: “Ci vuole coraggio per attaccare Letta e chiamare il PD ‘il partito delle tasse’. In un Paese con disoccupazione giovanile al 28%, abbandono scolastico, precarietà e salari bassi la politica deve dare risposte. Basta sparare cavolate solo perché siamo in campagna elettorale”, ha scritto.