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Formazione docenti, dicono le associazioni che le competenze disciplinari non bastano, ci vogliono quelle pedagogiche

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Il Piano Nazionale Ripresa e Resilienza (PNRR) prevede la riforma della formazione iniziale per gli insegnanti della scuola secondaria, ma c’è il rischio che la soluzione che si prospetta sia persino peggio della situazione attuale.
Lo sostengono 4 importanti associazioni professionali che nella giornata del 21 dicembre hanno sottoscritto un ampio documento sulla questione.

Scrivono infatti Aimc, Cidi, MCE e Proteo: “Sembra che i crediti formativi universitari (CFU) che si propongono come necessari per accedere all’insegnamento siano 60. Crediti che studenti e studentesse potranno aggiungere a quelli richiesti dalla laurea disciplinare nel corso dei 5 anni. Una proposta che, se confermata, riprodurrà la logica di una ‘formazione à la carte’ per i futuri insegnanti prevedendo che gli studenti e le studentesse scelgano individualmente, nei futuri Centri di Ateneo, una serie di esami che, per semplice sommatoria, portino al numero totale di CFU richiesto per accedere al concorso”.

Addirittura – denunciano le 4 associazioni – è di questi giorni “la pronuncia di organi importanti dell’Università i quali, sottolineando la necessità di porre al centro le didattiche disciplinari e pur di non modificare nulla dell’attuale assetto universitario, propongono di spostare la formazione all’insegnamento dopo il superamento del concorso”.

“Ma – sottolineano Aimc, Cidi, Mce e Proteo – un insegnante deve sicuramente avere una formazione disciplinare completa ma, per una scuola emancipatrice, attenta al successo formativo di ciascuno-a, alla mediazione tra i saperi formali della disciplina e il soggetto che apprende, c’è bisogno di un insegnante con competenze pedagogiche, didattiche, relazionali, epistemologiche e non unicamente disciplinari”.

Le 4 associazioni sostengono che “occorre un percorso di formazione dedicato all’insegnamento che coinvolga scuola e università, con un tirocinio (non confuso con il praticantato) e attività laboratoriali, che possa costituirsi come base solida per sostenere nel tempo lo sviluppo di professionisti in grado di promuovere nella scuola un approccio socio-costruttivo, di ricerca, come richiesto negli stessi documenti ministeriali”.

“La capacità di gestione di una classe (prendendosi cura di tutte le problematiche connesse all’apprendimento), l’attivazione di una pedagogia differenziata (per garantire il successo formativo di ognuno-a), la gestione del proprio ruolo nella complessità dell’organizzazione scolastica – concludono –  non è il premio previsto una volta completato l’album dei crediti formativi”.

Nel concreto, infine, Aimc, Cidi, Mce e Proteo chiedono espressamente alle forze politiche e al Ministero dell’Istruzione che “la formazione iniziale degli insegnanti sia al più presto oggetto di un confronto allargato con tutti i soggetti coinvolti, per avviare un cambiamento più che mai necessario per il futuro della scuola”.