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Formazione e lavoro, tutti d’accordo: si volta pagina

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Per legare formazione e crescita del paese occorre dare il prima possibile attuazione alle recenti disposizioni, in materia di semplificazione e sviluppo, contenute all’articolo 52 della Legge 35/2012. Con innovazione, ricerca e mondo del lavoro da tenere sempre insieme. È questo il messaggio che giunge dalla seconda Conferenza dei servizi “Collegare filiere produttive e formative per la crescita del Paese”, svolta il 13 maggio a Roma e promossa, d’intesa con la IX Commissione istruzione, lavoro, ricerca e innovazione della Conferenza delle Regioni, dal Miur, assieme al ministero del Lavoro e al ministero dello Sviluppo Economico.
Tutti gli intervenuti, tra cui il ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo, e quello dello Sviluppo Economico e delle Infrastrutture, Corrado Passera, sono convenuti sul fatto che è giunto il momento di voltare pagina, creando le condizioni per professionalizzare giovani e adulti in modo da colmare le almeno 100 mila richieste aziendali e superare la debolezza italiana nella competitività internazionale.
Come illustrato attraverso un ampio report, messo a disposizione dal Miur, è un dato accertato che “lo sviluppo della formazione tecnica è un fattore dunque che influenza, in modo significativo e misurabile, la crescita economica e sociale”. Oggi esiste, infatti, un forte disallineamento nel Paese tra filiere produttive, formative, poli e cluster tecnologici, questi ultimi intesi come aggregazioni di imprese, università e altre istituzione pubbliche e private della ricerca e soggetti attivi nel campo dell’innovazione.
Il superamento delle situazioni di ostacolo passerebbe allora per un nuovo disegno strategico, idoneo a collegare organicamente filiere produttive e formative in modo condiviso con le regioni e le autonomie locali. In questo modo si potranno mettere a valore le vocazioni del territorio e, nel contempo, preparare giovani tecnici capaci di operare sui mercati internazionali.
Largo quindi al potenziamento dell’istruzione tecnico–professionale, a partire da un’approfondita analisi delle “cartine geografiche delle filiere produttive nelle regioni italiane”, e all’avvio di un’Agenda per la formazione tecnica, focalizzata sul ruolo centrale della programmazione delle Regioni in materia.
Secondo il ministro Profumo quello che accaduto in passato, come la scelta di non dare dignità e valore al diploma universitario oppure far durare i tirocini aziendali solo due settimane, non si deve ripetere. Da cassare anche la proliferazione di governance degli Its, da cui sono derivati una miriade di diplomi.
Profumo si è poi lamentato perché “in Italia ci sono purtroppo poche grandi imprese e, anche se la nostra economia si basa sulle piccole e medie aziende, senza le grandi imprese si fa poca strada: la differenza tra noi e la Germania è anche in questa carenza di aziende“. Il Ministro ha anche ricordato che non si riesce a “trasmettere ai giovani un messaggio forte: imparare la parola ‘rischio’. Non fa parte della nostra cultura. Rischio significa anche sbagliare e imparare dagli sbagli, mentre nel nostro Paese l’errore è considerato una macchia nera sul curriculum. Ma non è così“. Per Profumo “nella vita non sempre si può andare da qualcuno a cercare lavoro, ma noi stessi dobbiamo crearlo per noi e per gli altri“.
Il responsabile del Miur si è quindi proiettato nei prossimi anni, quando “avremo bisogno di un ministero unico per l’istruzione e il lavoro, perché il futuro sarà una cosa completamente diversa in cui sarà necessaria una costante alternanza fra scuola e lavoro lungo tutto l’arco della vita”. Ha infine annunciato che “c’è una posizione condivisa con il ministro Elsa Fornero. Serve un ministero unico, certamente serve una politica unica per i due settori perche’ bisogna costruire prima le strategie-paese, prevenendo le crisi“.
Dopo Profumo hanno preso la parola alcuni assessori regionali. Seguiti da Valentina Aprea, ex presidente della commissione Cultura dalla Camera ed ora assessore all’Istruzione in Lombardia. Aprea ha detto che un modello scolastico superiore moderno deve necessariamente “includere filiere tecniche di livello, oggi invece ancora appesantite e burocratizzate”. Largo quindi alle esperienze di alternanza scuola-lavoro, agli spazi bottega-impresa, alle collaborazioni permanenti con le aziende”. L’assessore lombardo ha detto che  che sotto i nuovi Its deve esserci “un motore come quello della Ferrari, perché devono correre, in modo dinamico e sulla base delle esigenze dei territori”. Per farlo, però, ha concluso Aprea, è indispensabile “ridurre le regole e spostare il baricentro delle decisioni, anche in tema formativo. Pur sempre rispettano i finanziamenti e gli investimenti centrali”.
Il ministro Passera si è soffermato sul fatto che per promuovere la crescita degli istituti tecnici e professionali è importante che si prendano le distanze, una volta per tutte, dalla tentazione “di licealizzarli: occorre che rafforzino, invece, la loro identità. Per fare questo serve collaborare con le imprese per il continuo aggiornamento delle competenze”. Passera è consapevole che “in Italia permangono distretti e regioni straordinariamente differenti e questo va superato. Anche per far rientrare nel mondo del lavoro le persone con età avanzata. L’importante – ha concluso il Ministro – è si mettano insieme tutti i ‘pezzi’, senza campanilismi e gelosie istituzionali”.