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Gianni Rodari, un progetto dell’Indire per mettere a disposizione delle scuole la sua biblioteca privata [INTERVISTA]

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Gianni Rodari non ha bisogno di presentazioni, perché è fra gli scrittori di libri per ragazzi più amati e apprezzati di sempre.
Su di lui si è detto e scritto tanto soprattutto negli ultimi anni anche in relazione alla ricorrenza del 100 anni dalla sua nascita (2020).
Ma, ad aggiungere elementi utili a comprenderne ancora meglio la sua figura arriva ora un importante progetto dell’Indire, coordinato da Pamela Giorgi, prima ricercatrice presso l’istituto e realizzato in  gran parte da Ilaria Capanna, membro del Comitato scientifico del Centro studi Gianni Rodari Orvieto che si dedica da anni allo studio del grande scrittore.

La ricerca – spiega Giorgi – si basa soprattutto sulla biblioteca personale di Gianni Rodari che si trova nella casa in cui lui ha abitato fino alla sua morte avvenuta nel 1980. Si tratta di un approccio molto interessante perché lavorare su una biblioteca d’autore consente di entrare nella sua dimensione più privata e personale; uno sguardo di questo tipo permette di avere una prospettiva più altrimenti si rischia di perdere.
Molto spesso biblioteche di questo tipo, pur non essendo a rischio di dispersione, sono difficili da consultare anche per gli oggettivi problemi di catalogazione. Ma sono anche patrimoni fondamentali disseminati sul territorio che costruiscono la tessitura complessa della nostra memoria.


Per parte mia – spiega Ilaria Capanna – già da diversi anni lavoravo su Gianni Rodari e catalogando anche gli arrivi esteri ed italiani dei sui libri; negli anni ho potuto comprendere il valore del fondo e finalmente adesso, grazie ad Indire, il lavoro sta procedendo.
Nella biblioteca privata di Rodari ho individuato diversi settori, quello più cospicuo riguarda la scuola, la pedagogia, la didattica, la psicologia infantile e anche il gioco; si tratta di circa un migliaio di libri, sono quelli più sottolineati, con più postille e appunti.
Un settore molto ricco è quello che riguarda l’antropologia e la favolistica e non bisogna dimenticare i numerosi volumi di illustratori, con molti dei quali aveva collaborato.
Poi ci sono anche molti volumi di letteratura ma ho individuato anche un filone di arte, storia dell’arte, cinema, fotografia e teatro.
Ovviamente non mancano la storia e la politica (Marx, Gramsci, Mao).
Mettendo mano alla sua biblioteca ho avuto conferma di quello che emerge anche dal suo lavoro di scrittore e di giornalista: Rodari era certamente dotato di grande personalità, con ampie conoscenze e dotato di uno straordinario spirito di ricerca.

Il nostro lavoro – spiegano le due studiose – si ispira ai principi della public history che non si limita all’idea della conservazione della memoria, ma vuole che la storia sia viva e partecipata. Una biblioteca, seppure privata, è un segmento di storia e quindi può diventare uno spazio di apprendimento condiviso, cessando di essere un ricordo del passato, per diventare strumento di comprensione e costruzione del futuro.

Ma nel concreto, in questo momento a che punto è il progetto?

La restituzione della biblioteca di Rodari al pubblico e alle scuole in particolare – spiega Pamela Giorgi – si colloca nel quadro del progetto sviluppato da INDIRE nell’ambito del Piano Nazionale della Ricerca (PNR) 2021–2026, finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca.
Il progetto sta coinvolgendo anche il Dipartimento di Scienza della comunicazione dell’Università di Siviglia; del gruppo di ricerca fanno parte la professoressa Rosalba Manchinas Chiavez e il professore Manuel Blanco Perez.  Nei giorni scorsi a Siviglia c’è stato un incontro per fare il punto sull’andamento del progetto che sta procedendo come era nelle previsioni. Nel sito dell’Indire abbiamo aperto una sezione che raccoglierà i materiali della ricerca.

A breve uscirà anche il catalogo della biblioteca.

Diciamo anche due parole sul tema del linguaggio e delle parole

Rodari – sottolinea Capanna – usava un linguaggio comune e semplice, ma non per questo banale: la sua poesia civile ha formato tante generazioni già dalle scuole primarie, ha scardinato il linguaggio. La grammatica della fantasia, pubblicata nel 1973, è esattamente questo.

Direi che l’operazione di Rodari fu non solo linguistica ma anche politica – aggiunge Pamela Giorgi – perché la sua idea era quella di togliere la conoscenza dalle mani di pochi per aprirla a tutti; e questa è una scelta di democrazia. Aggiungerei anche che Rodari è intramontabile perché le sue favole stravolgono la tradizione, non parlano più di castelli, di principi e principesse, ma della quotidianità, del telefono, del treno, dell’operaio. E poi c’è sempre, fortissimo, il tema della libertà ed ecco perché Rodari piace molto anche agli adulti.

Proviamo a chiudere con una battuta?
Il libro più importante di Rodari è La grammatica della fantasia, del 1973. Per Rodari, la fantasia aveva in sé qualcosa di rivoluzionario?

Certo –  afferma Ilaria Capanna –  d’altronde alla fine degli anni 60 nelle università gli studenti avevano inventato lo slogan “la fantasia al potere” che sicuramente aveva qualcosa di rivoluzionario

Per Rodari – conclude Pamela Giorgi – la fantasia è rivoluzionaria perché è una via per proporre un mondo alternativo a quello in cui viviamo e che non sempre è il migliore possibile.