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Gino Cecchettin: “La mia missione? Educare i giovani. La pedagogia di genere sia obbligatoria nella formazione dei docenti”

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Gino Cecchettin, padre di Giulia, barbaramente uccisa a 22 anni dal suo ex fidanzato Filippo Turetta, oggi al timone della Fondazione che porta il nome della figlia, ha rilasciato un’intervista a Il Corriere della Sera in cui ha parlato di educazione e formazione dei docenti.

“Il primo problema sono i libri di testo”

“Mi sono dato una missione: educare le nuove generazioni. Per questo con il comitato scientifico della Fondazione stiamo lavorando su due fronti: andare nelle scuole a parlare con i giovani e lavorare sulla formazione dei docenti per promuovere relazioni non violente e decostruire gli stereotipi di genere. Abbiamo l’aiuto di tanti volontari. L’obiettivo è realizzare un presidio in ogni provincia e magari in ogni scuola”, ha esordito.

Cecchettin crede che bisogna partire dal bagaglio culturale dei docenti, per cambiare le cose: “In questi giorni ho incontrato tantissimi studenti e studentesse e docenti in giro per l’Italia e ho visto che c’è tanta richiesta di formazione. Ma sono ancora molte le inadempienze della scuola, come spiega la professoressa Irene Biemmi, docente di Pedagogia di genere all’Università di Firenze, componente del comitato scientifico della Fondazione Giulia Cecchettin e autrice (con la professoressa Barbara Mapelli) del primo manuale di Pedagogia di genere. Il primo problema sono i libri di testo, anacronistici e permeati di cultura patriarcale e sessista. In Italia le cattedre di Pedagogia di genere sono ancora poche. Dovrebbe invece essere materia obbligatoria nella formazione degli insegnanti, a partire dalla scuola dell’infanzia e primaria”.

Cecchettin, qualche giorno fa, è stato eletto Presidente onorario dell’Osservatorio regionale sulla violenza contro le donne.

Gino Cecchettin alla Tecnica della Scuola: “Studenti, imparate a vivere i no”

Lo scorso 25 febbraio si è tenuta la quinta lezione di Educazione Civica in diretta organizzata dalla Tecnica della Scuola. Lezione dedicata proprio al tema della violenza di genere.

Presente alla diretta proprio Gino Cecchettin. Ecco le sue parole ai nostri microfoni: “Da questa vicenda ho imparato che il tempo è prezioso, perché diamo tutto per scontato e viviamo con il pilota automatico. Un’altra lezione che ho imparato è focalizzarci sulle cose importanti. Sono riuscito a conservare la razionalità per far fronte a questa situazione. Sapevo che la rabbia e la vendetta mi avrebbero fatto del male e non mi avrebbero reso forte per i miei figli. Sapevo che la rabbia non mi avrebbe fatto andare avanti. Mi è venuta in soccorso Giulia, mi sono concentrato su una sua foto e mi è venuto un sorriso. Ho capito subito dov’era la strategia: cercare di focalizzarmi su qualcosa di bello, ho capito che l’amore è la soluzione a tutto, ho visto affievolirsi gli altri sentimenti, come il rancore, per evitare che un altro padre possa vivere il dolore che ho vissuto io”.

Ecco le risposte di Cecchettin agli studenti: “Non possiamo recriminare cosa è stato o non è stato fatto in passato. La vera domanda è cosa possiamo fare oggi. Unitevi a noi, alle associazioni contro la violenza di genere, e chiedetevi cosa potete fare, fare dibattiti, convincete un compagno di classe che parla di proprietà nei confronti di chi dovrebbe amare, per combattere gli stereotipi che ancora oggi esistono, tutte quelle espressioni che screditano la donna. Come Fondazione abbiamo creato un comitato giovanile”.

“Da genitore dico che c’è bisogno di più dialogo tra genitori e figli. Quando non c’è dovreste essere voi studenti a chiederlo. Non c’è tempo, non c’è coscienza. Da genitore posso consigliare di non dare tutto per scontato. Dovreste imparare a vivere dei no. Se non sono i vostri genitori a farlo perché spianano la strada a tutto provate voi a cercare una sfida e uscire dalla confort zone per capire che la vita non è solo una discesa. Parlate, parlate di più e cercate il dialogo”.

“Una lezione che ho imparato da mia figlia Elena è che la cultura patriarcale fa continuare le violenze, si basa su comportamenti che giustificano le violenze. Esistono ancora stereotipi di genere, che vedono l’uomo aggressivo e dominante mentre la donna deve dedicarsi a percorsi di studio, ad esempio, dedicati alla cura. Questo fa sì che la violenza continui”.