Giornata della Memoria, Liliana Segre e il suo discorso sui viaggi ad Auschwitz: “non chiamatele gite!”

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Il 18 gennaio scorso, come avevamo anticipato, al Senato si è discusso a proposito del disegno di legge di modifica alla legge 20 luglio 2000 n. 211 sull’Istituzione del Giorno della Memoria in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici italiani nei campi nazisti, al fine di prevedere un fondo per favorire l’organizzazione da parte delle scuole secondarie di secondo grado di viaggi della memoria. Il Ddl è stato approvato all’unanimità e ora passa all’esame della Camera.

Il discorso della senatrice Liliana Segre

“Non sono mai ritornata là dove sono stata prigioniera. Non me la sono sentita. Una volta fui invitata, nel 1995, c’erano molti personaggi, ma non me la sono sentita. Quando poi ho letto e sentito alla radio la descrizione delle pellicce della regina di Olanda e di Berlusconi, in quel momento ho pensato: come sono contenta di non aver accettato questo invito. È vero, erano passati 50 anni, ma che a nessuno fosse venuto in mente di non mettere pelliccia”.

Poi un monito ai ragazzi che visiteranno con la propria scuola campi di concentramento come quello di Auschwitz: “Anche oggi la preside di una scuola, che decida di portare i ragazzi a fare questo viaggio, non ha il coraggio di dire che i ragazzi che vanno d’inverno a visitare quei lager, in cui negli anni più freddi del 1900, il ’43 e il ’44, oltre che scheletriti, erano vestiti con le divise a righe di cotone rigenerati”.

“Ci si dovrebbe andare avendo saltato, non so, la colazione del mattino, avendo un pochino voglia di mangiare. E a volte questi ragazzi con i selfie, io prego e imploro: andate a Lucca, a Gallipoli, in montagna, ad Auschwitz non si fa la gita. Si va silenziosi, come quando il 2 novembre una famiglia affezionata ai suoi morti va al cimitero”, ha ribadito.

“Una volta ho visto un gruppo di ragazzi olandesi che andavano in gita a Auschwitz e avevano un grande gelato, la musica nelle orecchie e da quel cancello, ‘Arbeit macht frei’, entravano a ritmo di musica, leccando il gelato. Ho dovuto pensare che 6 milioni di morti erano morti invano. Non si va così a fare la gita ad Auschwitz, si va in silenzio, con vestiti adeguati. Non si va in gita, si va come a un santuario anche laicamente, a testa bassa e cercando di ricordare per non dimenticare la Shoah”, ha concluso.