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Giuliana Sgrena incontra gli studenti del liceo “Cutelli” a Catania

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Introdotta dal prof. Salvo Distefano in un’aula magna gremita di giovani attenti e rispettosamente silenziosi, la giornalista de “Il Manifesto” ha raccontato al liceo “Cutelli” di Catania, con accenti commossi, la sua storia e quella del tormentato popolo irakeno. Sollecitata da interventi e domande, ha sottolineato le condizioni di imbarbarimento e di miseria in cui versa la gente del posto e la crescente diffidenza nei confronti degli “invasori” occidentali, ormai diffusa senza distinzioni anche verso i giornalisti che lottano per la pace. “Solo il ritiro delle truppe per dare la possibilità al popolo irakeno di riprendere il controllo del proprio territorio e riorganizzarsi – aggiunge – può essere una via d’uscita da questo circolo vizioso, da questo stato di strisciante guerra civile che dura ormai da 2 anni fomentando sempre nuovo odio”. Forte e chiaro il messaggio lanciato alle nuove generazioni: “Non bisogna mai accontentarsi di mezze verità o di quello che certi mass media propinano come verità forzando il senso delle immagini mandate in onda o caricandole di un significato comodo a chi vuole presentare la guerra come inevitabile. E’ ciò che è successo, per esempio, con le immagini dell’abbattimento della statua-simbolo di Saddam Hussein, avvenuta a Baghdad dopo l’arrivo degli americani e presentata come dimostrazione evidente di un presunto consenso popolare nei confronti delle truppe straniere”.
Conclude poi con parole di angoscia e di speranza insieme: “Da quel fatidico 4 marzo 2005, che per me non è tanto il giorno della mia recuperata libertà quanto quello della morte innocente di Nicola Calipari, io non dormo più senza il supporto dei sonniferi. Sono purtroppo consapevole che è diventato quasi impossibile fare informazione in modo indipendente e libero. Confido, però, nel desiderio di verità dei giovani. Ne ho incontrati tanti presentando il mio ultimo libro in giro per l’Italia, e tutti – è successo anche oggi – fanno domande concrete su come sono andate le cose in quei mesi di prigionia e in quegli istanti prima della mia liberazione. Mi auguro che sappiano sempre andare oltre le apparenze come farò io, che andrò fin negli Stati Uniti a chiedere giustizia per tentare di avviare un procedimento contro chi ha ucciso il mio liberatore”.