Home Attualità Guidare il futuro, quando il cambiamento diventa opportunità. Anche a scuola

Guidare il futuro, quando il cambiamento diventa opportunità. Anche a scuola

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“Adesso come farò?”. Questa è la domanda che molti si pongono quando interviene un cambiamento improvviso ed inaspettato nella loro vita.

Può trattarsi della perdita di una persona cara, della fine di un lavoro o più semplicemente l’affrontare una nuova sfida lavorativa.

 In tutti i casi, la reazione al cambiamento è sempre costellata dall’insorgere di domande e dubbi amletici: come fare? Siamo in grado di formare i nostri atteggiamenti per riuscire a vedere nei cambiamenti opportunità e i vincoli come sfide, abbandonando l’abitudine a vedere le cose sempre allo stesso modo?

La gestione del cambiamento è uno dei fattori su cui le aziende stanno puntando negli ultimi tempi per essere in grado di innovarsi e rimanere competitivi nel mercato.  I discorsi di manager e amministratori delegati hanno come obiettivo quello di stimolare le persone che lavorano in azienda a superare i momenti di crisi grazie alla capacità di innovare.

La stessa parola crisi deriva da un ideogramma cinese che esprime il significato di “momento cruciale”, ossia quando comincia o cambia qualcosa.

Le innovazioni accompagnano l’uomo da sempre, con ritmi diversi, molto lenti in passato, frenetici adesso. Quindi, il dilemma non è se innovare o meno, su cui credo nessuno ha dubbi ma se siamo capaci di cogliere i segnali del cambiamento che l’ambiente propone nella quotidianità.

Quindi, le aziende che innovano sono quelle fatte di persone che a qualunque livello di responsabilità vivono e colgono nuovi adattamenti all’ambiente.

Nel mondo del mercato competitivo ci sono stati diversi casi di aziende che non sono stato in grado di guardare oltre e sono state schiacciate da altri ‘competitor’. Ricordiamo solo, come esempio, il caso dell’azienda Reaserch in Motion, azienda canadese che alla fine degli anni 90 sino al 2005 era la società leader mondiale con il suo Blackberry.

 

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All’epoca il blackberry vinse sulla concorrenza perché oltre al compito di telefono cellulare svolgeva alcune funzioni tipiche del  PC come la posta elettronica. Inoltre, le aziende lo distribuivano presso i collaboratori perché aveva un sistema chiuso di connessione con l’azienda stessa. Ma nel giro di 5 anni la RIM ha perso oltre il 75% della quota di mercato perché il Blackberry è stato soppiantato dalla tecnologia iPhone, smartphone touchscreen e capace di connettersi con più sistemi di comunicazione e in grado di fornire molte altre funzionalità ad uso privato grazie alle numerose APP messe a disposizione.

L’innovazione è ridotta “dall’incapacità di distogliere la concentrazione da ciò che è familiare .All’inizio le persone , le aziende che guidano il vecchio sistema non si accorgono neppure del cambiamento.

Poi quando lo notano pensano che si tratti di un fenomeno di nicchia o di una moda passeggera. Quando alla fine si rendono conto che il mondo è di fatto cambiato, hanno ormai buttato via la maggior parte del tempo che avevano a disposizione per adattarsi.

Dovremmo chiederci quindi se l’attuale sistema scolastico è in grado di fornire ai giovani l’identità e la professionalità, l’educazione al lavoro e quindi di fornire gli elementi essenziali per essere in grado di gestire il cambiamento.

Consideriamo che la scuola ha due compiti, trasmettere alle nuove generazioni la cultura del passato e attrezzare i giovani perché  essi siano in grado di svolgere la loro parte nella società in cui vivranno da adulti. La trasmissione della cultura del passato è necessaria perché  la cultura continui ad esistere. Ma altrettanto importante è  preparare i ragazzi a vivere in una società che, quando usciranno dalla scuola, si inoltrerà per più di mezzo secolo nel futuro.

Da questo punto di vista la scuola e il mestiere dell’insegnante sono diversi da ogni altra istituzione e da ogni altro mestiere della società, perché devono formare i giovani non per il solo presente ma per il futuro sconosciuto e per la società come sarà nei decenni successivi.

Se la conciliazione tra questi due compiti non poneva problemi in una società in cui il cambiamento era lento come in passato, le cose si complicano oggi in quanto il cambiamento è veloce .

La scuola è soprattutto attrezzata per trasmettere e conservare il passato, e non si è mai posta il problema di guardare al futuro attrezzandosi per un futuro diverso dal presente. Siccome viene da un passato in cui il suo primo compito prevalente era quello di trasmettere e conservare il passato la scuola finisce per rinunciare a svolgere il secondo compito, quello di attrezzare i giovani a vivere nella società in cui vivranno da adulti.

Per formare i giovani al futuro, abituarli a gestire il cambiamento come fonte di innovazione, la scuola dovrebbe essere pronta a cambiare e a cambiare profondamente, riesaminando alla radice i suoi compiti e i modi di adempierli.

Occorre insegnare dunque i giovani a sviluppare risorse in grado di renderli i protagonisti del futuro, sviluppando loro idee nuove che nascono da esperienze diverse; imparare a sfruttare le situazioni di disagio come fonte di arricchimento.

Per innovare occorre andare al di là degli schem , esplorare oltre il “già conosciuto”, mettere il naso oltre il proprio giardino.

Le persone che ogni giorno lavorano per obiettivi necessitano di momenti di “sfruttamento” finalizzati ad efficientare un processo un sistema, ma anche momenti di esplorazione. Esplorare significa infatti distaccarsi dall’oggetto su cui siamo concentrati per creare nuove possibilità, lasciando campo libero alla flessibilità, alla scoperta e all’innovazione. Il segreto è mantenere una tensione costruttiva fra le due esigenze nelle persone che ogni giorno lavorano e negli studenti lavoratori del futuro.

Purtroppo, il processo esplorativo è poco allenato nella quotidianità perché non siamo abituati a farlo.

Per esplorare ciò che è nuovo occorre attivare quella parte di aree cerebrali responsabile della visione allargata e destrutturata delle cose, quella visione che perde dettagli, perde la dimensione del tempo. Perchè la leva emotiva alla base del processo esplorativo è la passione, la curiosità di quello che è intorno a noi.

Sono questi gli elementi che vanno allenati fin dalle primi anni di scuola .

Meno schemi più esplorazione : valorizzare lo spazio temporale in cui le mente è libera di “vagare”. Ascoltare, dare valore alle idee spontanee, quelle che escono dentro ciascun studente e che spesso non trovano neanche il tempo di giungere a livello di consapevolezza e cestinate come “impossibili, improbabili o non fanno al caso della lezione o del progetto.

Avere momenti in cui do la possibilità allo studente di divertirsi immaginando oltre …. Senza bloccare il suo pensiero….

In conclusione se si impara a spostare l’asse della propria visione del mondo dagli schemi che erroneamente la sorreggono, si potranno gestire meglio le reazioni al cambiamento e saremo in grado di essere attori protagonisti  del nostro futuro. 

Come diceva il celebre Einstein: “Follia è fare sempre la stessa cosa aspettando risultati diversi”.

 

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