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I docenti sono stressati perché sono in media donne 54enni in menopausa e a rischio depressione: urgono norme pure per assistere i familiari

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“L’età media dei docenti della scuola è 54 anni, che nel caso della donna significa menopausa durante la quale il rischio della depressione aumenta di sei volte”: sono le parole di Vittorio Lodolo D’Oria, medico specialista esperto in malattie professionali degli insegnanti, pronunciate online durante il congresso Equalpro “Il lavoro delle donne nel pubblico impiego e la sfida dell’intelligenza artificiale”, organizzato da Anief, Cesi e Cisal, svolto il 14 luglio a Terrasini – Città del Mare, in provincia di Palermo. Ancora una volta, il medico esperto di burnout nella scuola ha rimarcato che “le malattie derivanti dal lavoro nella scuola sono per oltre l’80 per cento di tipo psichiatrico, derivanti sicuramente dalla professione del docente che necessita di un rapporto continuo, per più ore al giorno, con l’utenza. È uno stress che poi si porta a casa, dove vi sono litigi continui”.

Il medico ha chiesto: “È più importante la salute dei lavoratori o garantire la parità di genere? Sicuramente la prima. Perché l’importante non è capire chi lava i piatti a casa, ma riconoscere quali sono le patologie professionali degli insegnanti. Sappiano anche che non c’è nessun altro lavoro che necessita di un rapporto insistito con le stesse persone: è una condizione continua con l’altro che indubbiamente ‘spompa’”. Lodolo D’Oria ha quindi ricordato che “agosto è il mese più difficile per gli insegnanti, perché temono di tornare in classe, dove per molti tornerà lo stress e la loro sofferenza”.

Secondo Lodolo D’Oria servirebbe “uno studio retrospettivo dei dati ufficiali su burnout e stress da lavoro correlato: il problema è infatti che non vengono ancora considerate diagnosi e pagamenti di indennizzi. Quali soluzioni? Siccome non sono riconosciute le malattie professionali, serve uno studio epidemiologico nazionale: il sindacato picchi duro, perché questi dati sono dei lavoratori”, ha esortato il dottor Vittorio Lodolo D’Oria. Quindi ha ricordato che “nel 2011 l’attuale ministro dell’Istruzione presentò una interpellanza parlamentare su queste esigenze: a testo avevo lavorato anche io, ma dal 2022 non è stato però fatto nulla e questo per me è un dispiacere molto forte”.

In conclusione, secondo Vittorio Lodolo D’Oria, “il Ministero dell’Istruzione dovrebbe utilizzare questionari e strutturare la formazione dei docenti”, ma “occorre anche agire sui dirigenti scolastici, ai quali servirebbe un supporto di formazione per le loro esigenze medico-legali, perché non sono adeguatamente informati. Le priorità? Sicuramente porre l’attenzione sulle donne, questa è la vera parità di genere”, ha concluso l’esperto.

A proposito delle donne, Marcello Pacifico, presidente Anief, nelle conclusioni del congresso ha detto che è giunto il tempo di “conciliare il tempo dei lavoratori sulla base anche delle esigenze familiari. Non esiste su questo tema una normativa euro unitaria e quindi va studiata e introdotta. Dopo la precarietà, la lotta per gli stipendi, il burnout e le tante battaglie portate avanti dal nostro sindacato, adesso è giunto il tempo di occuparsi della conciliazione degli spazi lavoro-famiglia: è un vulnus che va affrontato e risolto. La dignità del lavoro viene prima di tutto”.

In precedenza sono intervenuti diversi altri esperti. Maria Vittoria Marongiu, dirigente Aran, ha ricordato che “In Italia c’è anche un modo di pensare che segrega le donne a ruoli lavorativi di assistenza: la verità è che manca una cultura di parità di genere, anche nella cura della famiglia e degli anziani. Il lavoro da casa, cosiddetto ‘agile’ potrebbe essere cruciale”.

Sullo stesso tema si è espressa Daniela Rosano, segretaria generale Anief: “Quando un cittadino italiano per gravi motivi di salute ha bisogno di assistenza – ha detto -, nell’82 per cento dei casi è seguito in modo esclusivo da una donna: se questa è lavoratrice, le norme non l’aiutano e in casi non rari è costretta a scegliere tra la cura della persona in condizioni precarie e la propria professione”.

Anche secondo Francesco Cavallaro, segretario generale Cisal, “ancora oggi la donna nella pubblica amministrazione risulta penalizzata, sia dal punto di vista retributivo, sia da quello dei diritti: dobbiamo portare anche in Europa questo tipo di problematiche: l’Unione Europea deve riorganizzarsi per comprendere cosa occorre fare”, ha sottolineato il sindacalista.

“Le donne nel pubblico impiego – aveva detto in apertura del convegno il sottosegretario all’Istruzione Paola Frassinetti – sono tantissime e l’intelligenza artificiale sta rivoluzionando anche il loro lavoro: poiché hanno un ruolo essenziale nel pubblico impiego, il nostro compito è valorizzare e favorire percorsi lavorativi più flessibili soprattutto facendo in modo che non rinuncino alla famiglia”.

Frassinetti ha quindi confermato la volontà del Governo nell’agire anche sul reclutamento a tutela delle donne, ricordando che “il doppio canale di reclutamento è stato incardinato in sede parlamentare”, rispondendo in questo modo alla forte spinta sindacale per la sua attuazione per ridurre drasticamente la supplentite che vede coinvolti ogni anno oltre 200mila docenti precari di cui almeno 150mila donne. “La donna ha spesso problemi economici e a progredire rispetto alla carriera: occorre quindi garantire equità. Anche grazie alla digitalizzazione che avanza”, ha concluso il sottosegretario.