Home Attualità I politici italiani e l’inglese: solo il 10% li giudica sufficienti

I politici italiani e l’inglese: solo il 10% li giudica sufficienti

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Che voto dareste ai politici in inglese? ABA English, accademia online con oltre 6,2 milioni di alunni, ha condotto uno studio tra 1000 studenti italiani  per capire il legame tra l’inglese e il mondo politico agli occhi degli italiani. 

Quasi la totalità degli intervistati (90%) ritiene che sia necessario per un Presidente del Consiglio saper parlare inglese a un buon livello (70%) o addirittura essere bilingue (20%). Il restante 9% si accontenterebbe che il Presidente del Consiglio capisse bene la lingua di Shakespeare, mentre praticamente nessuno ritiene che parlare inglese al giorno d’oggi per un capo di stato non sia necessario (1%).

L’inglese tanto discusso dell’attuale Presidente del Consiglio sembra questa volta passare la prova. Infatti, per il 53% del campione il livello di inglese di Matteo Renzi è intermedio e per il 6% avanzato. Per meno della metà (41%) si tratta di un livello principiante. Federica Mogherini alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza è tra i nostri politici con miglior livello d’inglese.

E per i politici italiani in genere? Niente da fare, solo il 10% degli intervistati ritiene che i politici parlino bene inglese. Per il restante campione il livello di inglese della classe politica è appena sufficiente (71%) o addirittura insufficiente (19%). I politici italiani non sono però i soli mediocri, infatti se per il 58% l’Italia è il fanalino di coda dell’Europa, il 40% ritiene che a fare compagnia ai politici italiani ci siano i governanti di altri paesi mediterranei quali Francia e Spagna. Solo il 2% degli intervistati afferma che i politici italici siano quelli che meglio parlano inglese in Europa.

A dare speranza ci pensano le nuove generazioni di politici che secondo il 57% degli italiani sono più preparati a livello linguistico delle precedenti generazioni. Per il restante 43% non vi è differenza.

Tuttavia, contiuna l’indagine pubblicata dall’Ansa, i politici italiani possono però continuare a dormire sonni tranquilli perché nonostante l’importanza attribuita all’inglese, quando si tratta di votare più della metà degli italiani non è influenzata dal livello d’inglese del candidato (56%). Solo per il 7% la conoscenza della lingua straniera è un fattore decisivo mentre il restante 37% pur considerandolo un fattore importante non lo ritiene decisivo nella scelta.

Se l’inglese non sembra essere un elemento fondamentale alle urne, lo è quando si tratta di relazioni internazionali. Infatti, solo per l’11% degli intervistati il livello di inglese dei politici non è un elemento che limita l’influenza dello Stato italiano rispetto alla comunità internazionale. Per gli altri la scarsa conoscenza dell’inglese è sicuramente un limite (34%) o per lo meno lo è in alcune occasioni (55%).

Se si passa ai singoli leader politici, secondo gli italiani chi passerebbe un esame d’inglese delle scuole medie superiori? Nonostante nessun politico passi l’esame a pieni voti, l’attuale Presidente del Consiglio sarebbe promosso per il 34% degli intervistati. Giorgia Meloni (19%), Silvio Berlusconi (17%) e Beppe Grillo (13%) sarebbero probabilmente rimandati a settembre. Bocciati invece Nichi Vendola (11%) e il leader del Carroccio Matteo Salvini (6%).

Secondo lo studio di ABA English, per 9 italiani su 10 le politiche linguistiche a favore dell’insegnamento dell’inglese non sono sufficienti. I dati variano di poco se si tratta di insegnamento all’interno della scuola dell’obbligo (93% insufficienti; 7% sufficienti) o all’interno dell’università (86% insufficienti; 14% sufficienti).

Le colpe sono attribuite dall’85% del campione in egual misura ai governi di destra e di sinistra. Per il 9% i governi di entrambi gli schieramenti hanno realizzato buone politiche linguistiche, mentre se ne è occupata di più la sinistra per il 3% e di più la destra per il 2%.

Gli italiani sembrano apprezzare le riforme introdotte dal governo con la legge Buona Scuola in materia linguistica. Il 61% degli intervistati ritiene che il clil possa essere un metodo efficace per imparare l’inglese e il 33% lo ritiene utile anche se non sufficiente. Solo per il 6% l’introduzione di questo metodo non servirà a molto.