
Si apre il dibattito, come ci si aspettava, sull’uso della Intelligenza artificiale a scuola e sulla sua effettiva importanza per la trasmissione della cultura ai ragazzi, compreso il suo valore didattico.
Il pedagogista Daniele Novara, facendo riferimento alle parole del ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, secondo il quale “bisognerebbe insegnare informatica anche nelle classi della primaria e che servirebbe approfondire il tema dell’intelligenza artificiale”, ha dichiarato che tali parole non sarebbero altro che la prosecuzione “della saga di cui non se ne sentiva il bisogno, quella della scuola digitale”.
E ha proseguito: “Un ritornello che sentiamo da oltre un decennio e che, oggettivamente, non ha portato alcun beneficio agli studenti ma ne ha portati molti a tutte quelle aziende che puntano sul business tecnologico. Ora si arriva addirittura a parlare di intelligenza artificiale, cosa contraria a ogni buonsenso per chi ha a cuore la crescita sana dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze”.
“Avevamo avuto un altro sentore quando lo stesso Ministro, all’inizio dell’anno scolastico, aveva regolamentato gli smartphone impedendone l’uso scolastico fino a 14 anni. Un’idea ottima che abbiamo sostenuto anche con un appello che ha quasi raggiunto 100.000 firme per chiedere di proibire gli smartphone fino ai 14 anni e i social fino a 16. Una proposta ancorata alla realtà, visto che si sta facendo in Australia, ma pare che in Italia si preferisca rimanere nell’assoluto Far West, con bambini e ragazzi in balia di dispositivi con una forza di penetrazione neuro celebrale non sostenibile per la loro età”.
Ma il pedagogista ha ancora spiegato, secondo quanto riporta l’agenzia Askanews: “Tornando alla scuola, bisogna distinguere tra quello che è il comune e utile repertorio tecnologico, che da sempre la didattica utilizza, e la volontà di imporre situazioni che si allontanano dal reale scopo scolastico. Perché è necessario ribadirlo: la scuola è prima di tutto una comunità sociale, di apprendimento esperienziale. Ed è proprio l’esperienza diretta, di laboratorio operativo, che permette di attivare apprendimenti duraturi”,. “Abbiamo tutti e tutte sotto gli occhi come l’esperimento avvenuto con la DAD abbia totalmente fallito e questo i ministri post covid dovrebbero ricordarlo. Non è stato utile né alle famiglie, né agli insegnanti, né agli alunni accasciati nelle dimore casalinghe ma senza la spinta neuro cognitiva data dalla presenza sensoriale, corporea e attiva dei compagni”.
“A scuola anche lo stare assieme agli altri -ha concluso- consente di imparare, nella concretezza del contatto, della comunicazione e della relazione in carne ed ossa. Incontrando sguardi e confrontandosi con tutto quello che rende umani gli esseri umani. Il resto non solo non porta da nessuna parte, ma è pericoloso. Ogni tecnologia ha il suo giusto tempo”.