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Il Tar Calabria sul non corretto esercizio del potere valutativo degli insegnanti

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Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria, Sezione Seconda, Sede di Catanzaro, con sentenza n. 1936 del 9 novembre 2007 ha accolto le doglianze di un gruppo di genitori, ritenendo illegittimo il sei in condotta assegnato da alcuni Consigli di classe dell’Istituto di Istruzione Superiore Statale Classica, Scientifica e Professionale di Tropea (provincia di Vibo Valentia) nei confronti dei figli, che per una giusta causa (“le condizioni strutturali in cui versavano e per reclamare l’interessamento della competente Provincia di Vibo Valentia”) avevano protestato con l’occupazione dei rispettivi edifici scolastici,  impedendo comunque, nel periodo compreso tra il 12 e il 22 dicembre 2005, lo svolgimento delle lezioni.
Per il Collegio giudicante  non risultano convincenti le tesi dei ricorrenti e possono essere disattese quelle che si riferiscono a violazione di diritti normativamente garantiti, quali  “gli articoli 21 e 40 della Costituzione o l’articolo 4, comma 4, del Dpr n. 249/1998, per il quale ‘in nessun caso può essere sanzionata, né direttamente né indirettamente, la libera espressione di opinioni correttamente manifestata e non lesiva dell’altrui personalità’ ”.  Infatti “l’occupazione compiuta dagli studenti dei licei dell’Istituto d’Istruzione Superiore di Troppa, scrivono ancora i giudici amministrativi,  assume, per le modalità in cui si è svolta, tutti i connotati dell’interruzione di pubblico servizio penalmente rilevante”.
Sono stati accolti, invece, gli altri motivi portati a discolpa dai genitori circa il comportamento dei figli- studenti.
L’uno si riferisce alla “violazione e falsa applicazione dell’articolo 4, comma 1, 2, 3, 4 ed 8 del DPR n. 249/1998; violazione del principio del contraddittorio; eccesso di potere per sviamento” (i genitori ricorrenti, in dettaglio, “lamentano che il voto di condotta sarebbe stato utilizzato ‘fine di reprimere/sanzionare una condotta specifica degli alunni ritenuta contraria alle leggi, parificando, così, il complesso giudizio di condotta ad un’anomala sanzione disciplinare con contemplata da nessuna norma legislativa e regolamentare’, tra l’altro irrogata senza la previa instaurazione del contraddittorio”); l’altro investe direttamente gli “gli organi collegiali hanno immotivatamente utilizzato il giudizio di condotta al fine di sanzionare una singola azione degli studenti e non certo per valutare il loro comportamento generale ed il loro livello di maturazione sociale”.
Il Collegio dei magistrati osserva che “il giudizio sul comportamento degli allievi è stato fondato su addebiti non formalmente contestati e che la valutazione della condotta, effettuata in occasione degli scrutini quadrimestrali, si è trasformata in un’impropria sanzione disciplinare, irrogata senza il rispetto delle garanzie che la legge appresta in favore degli incolpati”. 

“Il voto di condotta, essendo diretto ad esprimere la valutazione complessiva dell’alunno non solo sotto l’aspetto della regolarità e/o della diligenza nel seguire le lezioni, ma soprattutto sotto il profilo della maturazione della personalità con riferimento al comportamento in generale nei confronti della comunità scolastica ed al rispetto del buon vivere civile (cfr. Tar Puglia Lecce, Sez. I, 25 luglio 1991 n. 475), se assume connotazione negativa deve necessariamente trovare riscontro nella previa contestazione degli addebiti, effettuata con le forme del procedimento disciplinare regolato (per la scuola secondaria) all’art. 4 del Dpr n. 249/1998. 

“Ragionare in maniera diversa significherebbe attribuire al voto in condotta un’inammissibile  valenza sanzionatoria –atipica-, mentre, più correttamente, deve ritenersi che in esso  vada riportata la valutazione del comportamento dell’alunno all’esito dell’eventuali attribuzione di illeciti disciplinari.  

“In altri termini, il voto negativo in condotta non può costituire esso stesso una sanzione, ma deve presentarsi come la risultante di precedenti misure sanzionatorie, comminate nel rispetto delle garanzie offerte dal procedimento disciplinare; ciò al duplice fine di rendere trasparente e verificabile il giudizio sulla condotta dell’allievo  e di consentire a quest’ultimo, oltre alla facoltà di opporre controdeduzioni, la possibilità di correggere il proprio operato nel corso dell’anno scolastico.  

“Inoltre, dato per inconcesso che il voto in condotta possa di pe sé atteggiarsi a misura di carattere disciplinare (postulato che richiederebbe l’inammissibile trasformazione dell’attività di giudizio in attività sanzionatoria), si rileva che non è stata nemmeno rispettata, da parte degli organi collegiali, la garanzia del contraddittorio contemplata dall’articolo 4, comma 3, del Dpr n. 249/1988, atteso che non risulta che gli alunni interessati siano mai stati convocati per esporre le proprie ragioni”.  

E citando una sentenza del Tar del Friuli Venezia Giulia (la n.93 del 26 marzo 1987), il Collegio amministrativo della Calabria ritiene “illegittimo il voto di condotta attribuito non in base al comportamento osservato dallo studente durante l’anno scolastico, ma in virtù del contegno tenuto in una specifica circostanza, anche se riprovevole”.