Home Politica scolastica Il triste primato italiano: maglia nera per la spesa pubblica nella formazione

Il triste primato italiano: maglia nera per la spesa pubblica nella formazione

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Un triste primato per l’Italia. Nel 2014 il Bel Paese detiene la maglia nera nell’area Ocse per la spesa pubblica complessiva effettuata nel settore dell’istruzione. E’ quanto emerge dal rapporto Ocse “Uno sguardo sull’istruzione 2017”, diffuso oggi.

Roma ha riservato il 7,1% dei fondi pubblici al ciclo compreso tra la scuola primaria e l’università. Il nostro Paese registra inoltre appena il 18% di laureati, contro il 37% della media nella zona Ocse: il dato più basso dopo quello del Messico.

La spesa per il settore scolastico ha registrato un calo del 9% rispetto al 2010, secondo il rapporto “indice di un cambiamento nelle priorità delle autorità pubbliche piuttosto che di una contrazione generale di tutte le spese governative”. Sempre nel 2014, “l’Italia ha dedicato all’istruzione il 4% del suo Pil (contro il 5,2% della media Ocse), con un calo del 7% rispetto al 2010. La spesa media per studente è stata pari a 9.300 dollari (contro i 10.800 della media Ocse)”.

 

NUMERO DI LAUREATI – Oltre al penultimo posto nella classifica del numero totale di laureati, l’Italia registra dati negativi anche per quanto riguarda il conseguimento della prima laurea, che si attesta al 35%: il quarto più basso dopo Ungheria, Lussemburgo e Messico. Secondo il rapporto dell’Ocse, queste cifre potrebbero essere in parte dovute a “prospettive insufficienti di lavoro e a bassi ritorni finanziari in seguito al conseguimento di un titolo di studio terziario”. Nel 2016 solamente il 64% dei laureati compresi tra i 25 e i 34 anni aveva un lavoro (80% tra i 25-64enni). Secondo l’organizzazione, nel nostro Paese le prospettive di lavoro per i laureati sono inferiori rispetto a quelli dei diplomati.

 

DIVARIO DI GENERE – Le qualifiche universitarie nei campi del giornalismo, nell’informazione, nelle scienze umanistiche, nella sanità e nei servizi sociali sono appannaggio delle donne, con il 60% di lauree conseguite. Il settore educativo, però, è quello in cui si registra un totale predominio femminile, con il 95% di lauree di primo livello e il 91% di lauree di secondo livello. In questo settore l’Italia presenta il divario di genere più importante dell’area Ocse.

 

PRIMATO DI LAUREATI IN SCIENZE UMANISTICHE E SOCIALI – Belle arti, discipline umanistiche, scienze sociali, giornalismo e informazione: questi i campi di studio preferiti in Italia, dove nel 2016 si è registrato il 30% dei laureati, il numero più alto nell’area Ocse. Bene anche le discipline scientifiche, che hanno avuto il 24% dei laureati, un dato di poco inferiore alla media Ocse. In linea con il trend dei Paesi appartenenti all’organizzazione, l’Italia registra un maggior numero di laureati nel settore delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (79% di primo livello e 86% di secondo) e nell’ingegneria, nella produzione industriale ed edile (69% e 73%).

Dunque troppi laureati nelle materie umanistiche e troppo pochi in quelle economiche che garantirebbero una maggiore possibilità di occupazione

 

NEET – In Italia un ragazzo tra i 15 e i 29 anni su 4 (26%) non è occupato o non è iscritto a un percorso di formazione (Neet), contro una media Ocse del 14%. Il picco si registra soprattutto in Campania, Calabria e Sicilia, dove è Neet più di un giovane su tre. Peggio dell’Italia per numero di Neet c’è solo la Turchia. In Campania, Sicilia e Calabria la percentuale di Neet raggiunge rispettivamente quota 35%, 38% e ancora 38%. In Sardegna e Puglia il 31%. Le aree con meno Neet sono Bolzano (10%), Veneto, Emilia Romagna e Trento (16%).