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Inclusione e docenti di sostegno. Ianes: “Si diffonde la tendenza alla delega, bisogna migliorare la formazione” [INTERVISTA]

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Sui problemi che l’inclusione e sta vivendo in questa fase parliamo con Dario Ianes, docente di pedagogia dell’inclusione all’Università di Bolzano.


Professore, lei con altri amici, colleghi e compagni di avventura ha dato vita di recente ad una nuova realtà, il Movimento unitario per l’inclusione scolastica e sociale. Ma di associazioni e movimenti di questo genere non ce ne sono già fin troppi?

No, anzi dire che non ce n’è a sufficienza perché l’inclusione scolastica oggi in Italia è a rischio e questo per tanti motivi. La crisi del sostegno ormai è cronica ed endemica, e anche l’atmosfera politica che si respira a livello mondiale ed europeo non è certamente delle migliori e non è certamente favorevole a logiche inclusive.

Come definirebbe il vostro movimento?

Un movimento aperto, apertissimo, molto attento alle nuove generazioni di operatori. Proprio in queste settimane stiamo assistendo ad un grande protagonismo delle nuove generazioni che si stanno mobilitando per un tema importante come il conflitto israelo-palestinese.

Parliamo dei docenti di sostegno: ormai sono un vero e proprio esercito, in continuo aumento…

Sì c’è un incremento davvero importante, ma, al di là del tema della compatibilità economica che a me non tocca più di tanto, io sono preoccupato per i sempre più diffusi meccanismi di delega.
D’altronde, se la scuola è stressata ed è in difficoltà, aumenta anche la tendenza alla delega.

Lei vuole dire che il sostegno rischia anche di diventare una sorta di valvola di sicurezza per affrontare questioni e problemi che sono a monte?

Proprio così, ma sappiamo bene che l’inclusione è un compito di tutte e di tutti.

Lo sa che in Parlamento si sta per concludere l’iter di approvazione di un disegno di legge che cambia la denominazione di insegnante di sostegno che diventa insegnante dell’inclusione.
Lei è stato uno dei primi a voler cambiare il nome della sua cattedra, da “pedagogia speciale” a “pedagogia dell’inclusione”. Questo cambio dovrebbe farle piacere.

Niente affatto, e proprio per quanto ho detto fin qui.
Passa il messaggio che ad occuparsi di inclusione debba essere uno specifico docente. Parlare di docente dell’inclusione può sembra una cosa più moderna non è affatto così.

In queste ore, è arrivata un’altra novità normativa interessante.
Nel decreto sulla riforma dell’esame di maturità è stata inserita una disposizione per prorogare di un anno i corsi Indire per la specializzazione. Le sembra una buona cosa?

E’ una cosa terribile e infatti noi ci siamo già attivati per ottenere che questo emendamento venga ritirato quanto prima.
Questi corsi rappresentano una caduta della qualità della formazione dei docenti specializzati che, al contrario, dovrebbe essere semmai migliorata.

Quali sono le prossime iniziative del vostro Movimento?

Intendiamo occuparci di due questioni fondamentali: la formazione dei docenti specializzati ma anche le condizioni di lavoro degli educatori e degli assistenti alla comunicazione; sono 70mila in tutta Italia e svolgono un lavoro straordinario che andrebbe adeguatamente valorizzato.