
Con Domenico Canciani, neo segretario del Movimento di Cooperazione Educativa, parliamo delle Indicazione Nazionali del primo ciclo e non solo.
Canciani, lei è una figura storica del MCE, era già stato segretario nazionale dal 2006 al 2009, adesso torna a rivestire questo incarico in un momento particolarmente complesso per la scuola italiana. Mi sembra che sia un mandato difficile, cosa ne pensa?
Certamente è un mandato difficile, ma per fortuna nel nostro Movimento valgono da sempre le logiche cooperative e non quelle puramente individuali.
In questa fase siamo ci stiamo occupando molto della questione delle Indicazioni nazionali. Ci sembra, quella del Ministro, una fuga in avanti perché secondo noi non era così urgente riscrivere le Indicazioni del 2012, peraltro revisionate nel 2018. Anche perché quelle in vigore ci sembrano ottime in quanto rispondono al paradigma della complessità e alla dimensione mondiale dei problemi.
D’altronde non dimentichiamo che quelle del 2007 vennero presentate da Edgar Morin, che non è esattamente l’ultimo dei filosofi dell’educazione.
E quindi l’MCE come si sta muovendo su questo terreno?
Questa accelerazione voluta dal Ministro ci stupisce molto ed è anche per questo che in queste settimane ci siamo attivati insieme alle altre associazioni, sia quelle disciplinari, sia quelle pedagogiche.
Associazioni che, nella quasi totalità, hanno non respinto le Nuove Indicazioni, ma le hanno dichiarate irricevibili e inemendabili, perché rappresentano un passo indietro anziché in avanti.
Dal punto di vista del movimento di cooperazione, qual è il vulnus maggiore?
Il punto più dolente è sicuramente quello di essere prescrittive e direttive, di non rispettare l’autonomia scolastica e la libertà dell’insegnamento.
E poi questa visione tutta centrata sulla “italianità” è anche offensiva verso un milione di bambini e bambine presenti nelle nostre scuole e che arrivano da famiglie non italiane.
A questo, però, il Ministro risponde: “Ma, se vogliamo integrarli e se vogliamo farli sentire italiani, allora dobbiamo raccontare le nostre tradizioni, la nostra cultura, la nostra storia compresi Menenio Agrippa e i martiri di Belfiore.
Ha torto?
Sbaglia, perché questa è una linearità escludente.
Non è che noi non vogliamo raccontare il Risorgimento.
Il fatto è che la nostra storia va un po’ disoccidentalizzata; non possiamo fare finta che l’Occidente (e anche l’Italia) si sia reso responsabile anche di operazioni a dir poco discutibili come la colonizzazione dell’Etiopia o della Libia.
E ha senso continuare a parlare di popoli pre-colombiani?
Insomma, questo modo di intendere la storia non produce intercultura, ma produce sostiene un punto di vista unico del tutto incompatibile con i caratteri della società multietnica nella quale siamo immersi.
Veniamo alla sua segreteria. Cosa l’ha spinta ad accettare l’incarico?
Nel 2014 ci fu a Reggio Emilia la RIDEF, l’incontro internazionale dei movimenti di “Ecole Moderne”; c’erano 500 insegnanti provenienti da 40 paesi del mondo, ma quello che mi aveva colpito è che erano presenti più di cento maestre e maestri italiani.
Da quella grande kermesse che durò10 giorni è nato un movimento che si chiama Cantieri.
In questi 10 anni i Cantieri della formazione hanno in qualche modo raccolto molti giovani che hanno così potuto avvicinarsi alle pratiche Freinet.
Questa esperienza ci ha consentito di far entrare nel Movimento molti giovani e parecchi di loro sono ora anche nella segreteria nazionale. Ed io sono felice di poter lavorare con loro e di offrire la mia esperienza per fare in modo che il Movimento continui ad essere in movimento.
Mi par di capire che Cantieri sia una versione moderna dei vecchi “stage estivi” degli anni ’50 e ’60 nei quali si sono formati anche i maestri e le maestre che hanno fatto la storia dell’MCE, da Mario Lodi a Bruno Ciari, a Fiorenzo Alfieri. E’ così?
Nei primi anni del MCE c’erano gli incontri di Frontale, nella casa di Pino Tamagnini; e lì si sono formati tanti, anche molte maestre come Giovanna Legatti, Nora Giacobini e Maria Luisa Bigiaretti; poi negli anni successivi abbiamo continuato per un ventennio con le scuole estive.
Questa nuova stagione è iniziata, come ho detto, nel 2014 ed ha avuto un’interruzione di 2 anni per la pandemia.
Rispetto al passato cambia un po’ l’organizzazione perché ogni anno ci si sposta in un luogo e si incontra un gruppo territoriale. Nell’estate 2025 ci si incontrerà a Macerata, sarà un po’ un ritorno alle origini per il MCE è nato proprio nelle Marche.
Parliamo dei programmi futuri del Movimento di cooperazione. Per il 2026 avete in agenda un evento molto importante. Di che cosa si tratta?
Si tratta di Convergence. Questa è una sigla che risale a un secolo fa quando le principali scuole attive d’Europa si incontrarono per la prima volta. Ci andarono anche Freinet e Decroly. Fu proprio in quella occasione che la scuola attiva si fondò come un movimento pedagogico per l’educazione nuova.
Nel 2022 in Belgio e nel 2024 a Nantes in France si sono svolte le ultime edizioni di questa straordinaria manifestazione.
Nel 2026 si farà in Italia e precisamente a Verona.
Ci saranno molti laboratori, si parleranno diverse lingue, italiano, francese, inglese (e non solo).
Parteciperanno non solo l’MCE e la FIMEM, ma anche altre associazioni come per esempio CEMEA, tutte accomunate da valori condivisi come l’attenzione al bambino, alla sua socialità e alla libera espressione.