Home Alunni Insegnanti sempre più delegittimati: ci mancavano le bocciature sovvertite dal TAR

Insegnanti sempre più delegittimati: ci mancavano le bocciature sovvertite dal TAR

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“Sono ancora i professori ad avere la responsabilità pedagogica dell’insegnamento nelle nostre scuole?”. Inizia così un interessante articolo del Corriere della Sera del 30 giugno, dal provocante titolo “Gli abusivi della cattedra“: l’autore, Giovanni Belardelli, prende spunto dalla recente sentenza del Tar del Lazio, che ha annullato la bocciatura di uno studente di un liceo classico romano che aveva riportato alcune pesanti insufficienze: 3 in matematica, 4 in fisica, 3 in storia dell’arte. 

“Al di là delle motivazioni più tecnico-giuridiche della sentenza, – scrive l’autore – spicca il rimprovero del Tar agli insegnanti per non avere adeguatamente valutato la preparazione complessiva dello studente, all’interno della quale – secondo i giudici amministrativi – un 3 in matematica e un 4 in fisica sarebbero meno gravi trattandosi di un liceo classico”.
E questa il punto: può un Tribunale sostituirsi al Consiglio di Classe? “A prescindere dall’opinione che si può avere su un’argomentazione del genere (personalmente, la reputo una sciocchezza), a lasciare di stucco – scrive ancora Belardelli – è il fatto che in questo modo il Tar salga, letteralmente, in cattedra. Finisce infatti per sostituirsi agli insegnanti in quell’attività chiave della loro funzione pedagogica che consiste nella valutazione di uno studente: una valutazione che può fare a ragion veduta (o almeno così credevamo) solo chi lo abbia avuto in classe per un anno scolastico”.
Certo, bisogna pur sempre ricordare che tendenza generale – comune a tutti gli Stati democratici contemporanei, ma in Italia più accentuata che altrove – è quella di una magistratura amministrativa (e non solo) sempre più interventista in un numero sugli “ambiti della vita sociale, dagli scrutini scolastici alle cure mediche. È il fenomeno che il politologo Alessandro Pizzorno ha definito come «resa dell’autorità sociale alla legge» (Il potere dei giudici , Laterza): in sostanza, le figure che un tempo fissavano regole e le facevano rispettare (dall’insegnante al medico, dal capofamiglia al dirigente d’azienda) si rivelano non più in grado di svolgere questa funzione. Da parte sua, chi un tempo accettava le decisioni di un’autorità sociale oggi – se non è d’accordo – ricorre sempre più frequentemente alla magistratura”.
Una tendenza che vale per le famiglie, con rispettivi figli, ma anche per il personale: basti pensare alle battaglie, spesso vinte, da associazioni sindacali, come l’Anief, che hanno fatto la loro fortuna, e quella dei ricorrenti, sui passaggi normativi illegittimi e malgrado ciò ostinatamente portati avanti dall’amministrazione scolastica.
Il problema, continua ancora il Corriere della Sera tornando allo studente romano promosso dai giudici, è che “dietro la sentenza del Tar che ha annullato una bocciatura, come dietro altre pronunce consimili, c’è il fenomeno, da tempo sotto gli occhi di tutti, della perdita di autorità e di credito sociale degli insegnanti. Oggi, di fronte alla bocciatura di un figlio, a molti rischia di apparire normale andare direttamente dall’avvocato (per non parlare dei casi limite di chi, come la coppia di genitori di Cosenza di cui ha parlato giorni fa il Corriere , ha letteralmente aggredito la vicepreside)”.
La disamina, che conclude anche l’articolo, diventa quindi sociologica. “È la nostra cultura che, in preda a una deriva pseudobuonista (pseudo, perché la possibilità della scuola di contrastare le differenze legate alla diversa provenienza socioculturale si lega anche alla sua capacità di valutare il merito di ciascuno), dietro ai voti e alle insufficienze non sa vedere altro che un atto illegittimo. Contro cui chiedere dunque l’intervento di qualche tribunale amministrativo disposto a sostituirsi agli insegnanti”.

Resta da capire se abbia più senso il tentativo di un giudice di ergersi ad insegnante, piuttosto che quello dei genitori degli alunni, sempre più spesso travestiti da “sindacalisti” dei figli. Oppure di un’opinione pubblica che intravede ormai nella figura del docente non più quella persona colta e da rispettare di cui è rimasta solo qualche traccia nelle scuole della sana provincia.