
Quando il Rapporto Istat 2025 descrive lo stato precario dell’economica relativamente al lavoro, occupazione, salari, prezzi, produttività, fa pure sapere che:
“L’incidenza della povertà assoluta diminuisce sensibilmente al crescere del livello di istruzione della persona. (…). La povertà colpisce il 13 per cento delle famiglie con bassa istruzione, ma scende al 4,6 per cento tra quelle con almeno un diploma”;
“la dispersione scolastica resta elevata (9,8 per cento) e colpisce in modo più marcato chi proviene da famiglie con basso livello di istruzione”;
“le competenze digitali sono fortemente associate sia all’età sia al livello di istruzione”;
“nel 2021, ultimo anno con informazioni disponibili per livello di istruzione, in Italia si osserva un forte gradiente per titolo di studio nella mortalità sia prevenibile sia trattabile, con tassi più alti per le persone con livello di istruzione più basso”.
In estrema sintesi, si legge su LaVoce.info, il grado di istruzione e cultura è un discrimine ineludibile per la qualità della vita, a cominciare da salute e reddito, e dunque con cultura e istruzione c’è più diffuso benessere economico, si esercitano meglio i diritti di cittadinanza nell’ecosistema digitale e si vive più a lungo e in modo più dignitoso.
Semplice a questo punto trarre le legittime conclusioni: investire in istruzione e cultura dovrebbe essere al centro della politica governativa e invece si continua a investire poco e male su entrambi i fronti.
Sulla cultura, come teatro, musica, libri, giornali e altro, l’Italia, secondo Eurostat 2022, occupa gli ultimi posti nella Ue, mentre, per esempio, in Francia si spende più del doppio, in Germania quasi il triplo.
Relativamente a tutto il sistema scolastico, oltre a non sfruttare pienamente il PNRR, scontiamo un ritardo consistente sia in termini di capacità di spesa, sia sotto il profilo della sua efficace ed equilibrata distribuzione per obiettivi e per territori.
Ma siamo anche il paese, scrive LaVoce.info, in cui oltre la metà della popolazione adulta è priva di competenze digitali di base.
E siamo anche il paese a consumi culturali zero per larghe fasce di popolazione:
sei cittadini adulti su dieci non leggono un libro; otto su dieci nell’anno non vanno mai a teatro o a un concerto; la musica classica è ignorata da oltre il 90 per cento della popolazione.
Le soluzioni? Tante e di tipo strutturale, ma, viene sottolineato, si preferisce investire oltre 13 miliardi di euro per il Ponte sullo Stretto e a moltiplicare le proprie spese militari.