Home Attualità L’estremismo islamico affascina alcuni europei. Rischio Isis a Lampedusa

L’estremismo islamico affascina alcuni europei. Rischio Isis a Lampedusa

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Per il ministro della Difesa francese Jean-Yves Le Drian, intervento alla televisione, c’è il bisogno “urgente” di una soluzione politica in Libia dove “Daesh si sta stabilendo… la Libia mi preoccupa dal settembre 2014. Sono lì, a 300 km dalla costa europea, e si stanno espandendo”.

Ma il ministro Le Drian ha sottolineando che Lampedusa è a 350 chilometri dalle coste della Libia, ha osservato che “quando sul Mediterraneo c’è bel tempo, c’è il rischio che (i miliziani dell’Isis) possano fare la traversata, mescolandosi ai migranti. E’ un grande rischio. Tutti sono consapevoli del pericolo che il conflitto in Siria ed Iraq, dove stiamo vedendo alcuni risultati positivi, si trasferisca in un nuovo conflitto in Libia”, ha aggiunto, ribadendo che la soluzione politica “è il solo modo di sradicare il problema”.

“Ci deve essere un governo di unità nazionale. C’è un serio processo politico in corso, sostenuto dal Consiglio di sicurezza dell’Onu. E’ urgente”.

Tuttavia la domanda che molti si fanno è la seguente: perché l’estremismo islamico affascina alcuni giovani europei?

 

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Secondo Olivier Vanderhaeghen, funzionario che lavora nel Centro antiradicalizzazione di Molenbeek, comune alle porte di Bruxelles, da cui sono partiti alcuni degli attentatori di Parigi e parecchi foreign fighter per la Siria, intervistato da “Scarp de’ Tenis”, mensile di strada promosso da Caritas Ambrosiana e Caritas Italiana, “non è una questione esterna, legata alla Siria o alla situazione internazionale”, è invece “un problema nostro, dobbiamo innanzitutto capire come la nostra società ha creato le condizioni del perché i ragazzi sono attratti dalla radicalizzazione”..

“La religione – spiega Vanderhaeghen – è un elemento che arriva in un secondo momento. Quello su cui davvero fanno leva i reclutatori è l’identità. Propongono a dei ragazzi che si sentono inutili un riconoscimento e uno scopo: la jihad”.

“Per prima cosa, si rompono i legami con gli amici, con la scuola, con lo sport e con tutte le altre reti di relazione – racconta Vanderhaeghen -. Poi ci si ritira in casa, abbandonando lo spazio pubblico. Infine, c’è la rottura con la famiglia. I ragazzi radicalizzati si rinchiudono nelle loro stanze, stanno ore di fronte al pc leggendo su internet testi di fanatismo religioso e accusano padri e madri di non essere dei buoni genitori e, se lo sono, di non essere dei buoni musulmani. Dicono che il vero Islam è quello che hanno conosciuto e non quello che praticano i loro parenti”.