
L’episodio di bullismo avvenuto nella notte di Halloween a Moncalieri, in provincia di Torino, ci fa riflettere.
Un quindicenne disabile di 15 anni è stato condotto con l’inganno (con la scusa di una festa) in un appartamento, da due ragazzi di 14 e 15 anni e una ragazza di 16 anni, già in passato accusati di atti vandalici e danneggiamento. I tre ragazzi l’hanno chiuso in bagno per due ore, poi con una lametta gli hanno rasato le sopracciglia e i capelli e gli hanno spento una sigaretta su una caviglia. Sotto la minaccia di un coltello, lo hanno fatto uscire, messo sotto una fontanella e gli hanno sputato addosso e offeso più volte. Infine, gli hanno intimato di entrare nel fiume Po. Solo il mattino dopo, è stato liberato e si è potuto mettere in contatto con i genitori.
E’ stato un sequestro e una violenza gratuita che ricorda a noi anziani il film “Arancia meccanica” di Stanley Kubrich del 1971. Ma nel film i protagonisti erano una banda di giovani malfattori e drogati, qui, invece, sono protagonisti dei minorenni. E’ stata un’aggressione vile nei confronti di un debole, ma non è l’unico episodio che prende di mira un disabile.
Prima ancora ci ha rattristato molto il suicidio di Paolo, di 14 anni, vittima di bullismo a scuola: lo chiamavano Paola solo perché portava i capelli lunghi!
Le statistiche ci dicono che è bullizzato un ragazzo su cinque. Le vittime non sono solo disabili, ma individuati dal branco o dal bullo che è sempre un vigliacco, deboli in qualche modo.
Questo ci fa dire che siamo di fronte al fallimento educativo della scuola e della famiglia. L’autoritarismo, con il suo carico di abuso e di prepotenza, è stato sconfitto giustamente dal movimento del 1968, ma al suo posto è emersa l’assenza di regole, il tutto è permesso. I genitori sono diventati amici dei loro figli e avvocati se qualcuno li giudica. Non ammettono che sbaglino.
Gli insegnanti, a causa di come sono trattati dalla società (malpagati e maltrattati), almeno in Italia, sono considerati degli sfigati che non meritano rispetto. E a causa della pensione spostata sempre più in là, non essendo considerata questa professione usurante come meriterebbe, hanno un divario di età con i loro discenti, che possono essere considerati dei nonni o delle nonne: e si sa con i nonni e le nonne ci si possono prendere delle confidenze…
I luoghi educativi, nell’era dei social, sono diventati sempre di meno e la socializzazione è diventata patologica, basata non sul cameratismo, ma sulla prepotenza. Sono rimasti gli oratori e le associazioni di volontariato a prendersi cura dei ragazzi devianti, ma sono pochi e anche in questi contesti si fa sentire la perdita dei valori umani della società consumistica.
Come ci dice, Massimo Recalcati, è stato giusto rifiutare l’autorità imposta, le regole imposte, ma essa/esse dovevano essere sostituite dalla determinazione kantiana: scelgo il bene non perché me lo impongono, ma perché l’ho scelto secondo ragione.
Ma come si fa a portare questi ragazzi all’autodeterminazione? Ci vorrebbero delle guide, delle autorità persuasive e carismatiche, ma poiché non si trovano facilmente, ci vuole l’esempio dei genitori. Andrebbero fatti nelle scuole dei corsi educativi per i genitori stessi, per ristabilire il loro ruolo autorevole e non complice dei figli.
E bisogna ristabilire l’autorevolezza degli insegnanti, selezionandoli con concorsi seri e pagandoli meglio. Il mestiere di insegnante non è un ripiego, ma una vocazione, come insegna Umberto Galimberti (“non tutti sono adatti a fare l’insegnante”).
Per legge (art. 97 e 98 del C. p.) è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, aveva compiuto i quattordici anni, ma non ancora i diciotto, se aveva capacità d’intendere e di volere, ma la pena è diminuita.
Quando la pena detentiva inflitta è inferiore a cinque anni, o si tratta di una pena pecuniaria, alla condanna non conseguono pene accessorie. Se si tratta di pena più grave, la condanna importa soltanto l’interdizione dai pubblici uffici, per una durata non superiore a cinque anni, e, nei casi stabiliti dalla legge, la sospensione dall’esercizio della responsabilità genitoriale.
Poiché è molto volubile stabilire la capacità di intendere e di volere di un minorenne il cui sviluppo morale e intellettuale è tutto ancora da formare, spesso, a meno che non si tratti di un fatto grave, i minori vengono “consegnati” ai genitori con una semplice ammonizione. Questa impunità fa sì che si perpetuino le condotte devianti, col rischio che poi si aggravino. Nei casi non gravi, ai minori dovrebbe essere inflitta la pena di fare azione di volontariato aiutando i barboni, gli anziani, i poveri, i malati, come si fa con i politici quando gli si dà il minimo della pena. Si tratta di riscoprire l’umanità perduta e il rispetto per i più deboli.
Eugenio Tipaldi




