Home Attualità La disoccupazione non risparmia i dirigenti pubblici, Censis: inutile andare all’Università

La disoccupazione non risparmia i dirigenti pubblici, Censis: inutile andare all’Università

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“La massima aspirazione dei giovani del Mezzogiorno era diventare funzionario pubblico e in subordine entrare in una azienda. Di questi due approdi non è rimasto nulla”.

A dichiararlo, al Mattino di Napoli, è stato il presidente del Censis, Giuseppe De Rita, commentando il calo d’iscrizioni nelle università del Sud, in base a dati pubblicati dallo stesso quotidiano.

“Era il Mezzogiorno che aveva questa serbatoio di possibilità – afferma -. Il figlio del tecnico del milanese non pensava di fare il funzionario pubblico, nel Mezzogiorno era il vero destino. Ora l’orgoglio di diventare un alto dirigente dello Stato, per le difficoltà e le scarse possibilità, è totalmente assente. Manca quella tipologia di lavoro”. “Gli atenei meridionali – afferma De Rita – non sono mai state palestre di innovazione tecnologica. Ma palestre per la formazione di una classe dirigente pubblica. Se questa è venuta meno, perché un ragazzo deve scegliere queste facoltà? Guarda altrove, se può, a nord, in altre città o all’estero”.

Per De Rita, quindi, il Meridione “è destinato a galleggiare su una situazione ambigua che non è né di espulsione né di sviluppo ma di sopravvivenza. Una sorta di adattamento continuato”. Ma “il vero rischio” è quello “della diminuzione delle nascite, della vitalità interna, della gioia di far figli” e “su un fenomeno antropologico non c’ è intervento che possa invertire la rotta”.

 

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Secondo il sociologo, “le politiche importanti sono quelle del lavoro. Poi viene la formazione”: “puoi avere la borsa di studio e che ci fai? Non è l’incentivo di partenza che ti fa correre ma l’obiettivo finale che ti fa fare lo scatto. Qui manca il traguardo finale”.

L’interpretazione di De Rita non è piaciuta a Mario Panizza, rettore dell’Università Roma Tre e presidente del Crul (Comitato regionale di coordinamento delle università del Lazio): secondo Panizza, “l’esistenza delle università nel Sud Italia non può e non deve esaurirsi nella formazione di funzionari, quadri e dirigenti. E il calo degli iscritti nel Meridione non dipende dalla dequalificazione degli atenei, ma principalmente dalle maggiori difficoltà dei laureati a inserirsi in quel territorio nel circuito lavorativo, che non necessariamente dev’essere quello indicato dal presidente De Rita”.

“Non ci stupiscono i dati sconfortanti forniti dal ministero dell’Istruzione sulla desertificazione delle università del Sud. Questi sono la conseguenza inevitabile di una politica che ha ridotto i fondi (meno iscritti, meno soldi). Con queste premesse, l’unico modo di rilanciare l’università in Italia, al Sud come al Nord, è quello di “fare rete” con atenei territoriali, creare collegamenti per razionalizzare le risorse e le competenze. Forse così anche al Sud le università potranno ricominciare a crescere”.

Intanto, nella stessa giornata, sono stati pubblicati gli ultimi dati Eurostat rielaborati dal Mise sull’occupazione giovanile: ebbene, l’Italia non riesce a recuperare le perdite della crisi e a mettersi a pari dei big Ue su industria e lavoro: “a stentare è soprattutto l’occupazione giovanile, che dal minimo registrato durante la crisi ha recuperato 0,9 punti (2,7 in Germania, 4,2 in Gb e 1,9 in Spagna). Bene invece il clima di fiducia”.

 

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