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La formazione professionale va potenziata: lo chiedono i sindacati

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“I significativi traguardi raggiunti dalla formazione professionale hanno permesso anche il recupero dei drop-out e dei giovani in situazione di disagio”: è questa l’opinione dei rappresentanti confederali di Cgil, Cisl e Uil e dei rispettivi sindacati di categoria della scuola oltre che degli enti di formazione aderenti all’Associazione nazionale “Forma”, che nei giorni scorsi hanno sottoscritto un ampio e articolato protocollo d’intesa in vista della rinnovo del Contratto nazionale di lavoro del settore.
Ma c’è di più: i sindacati sostengono anche che “il sistema della formazione professionale regionale è divenuto uno strumento per l’assolvimento del diritto-dovere all’istruzione e alla formazione, di cui al comma 3 dell’art.1 del decreto legislativo n.76/2005”.
Agli osservatori più attenti non può sfuggire il fatto che affermazioni del genere evidenziano contraddizioni significative rispetto ai proclami sindacali (di Cgil-Flc in particolare) sulla riforma del secondo ciclo.
Se infatti si ammette che la FP professionale regionale è servita in questi anni per ridurre i tassi di dispersione e per recuperare i giovani in situazione di disagio, perchè mai bisognerebbe abbandonare questa strada per percorrere quella della estensione dell’obbligo scolastico che – stando anche alle migliori esperienze europee – non garantisce risultati analoghi?
Colpisce soprattutto il riferimento al principio del diritto-dovere all’istruzione e alla formazione di cui i sindacati firmatari del protocollo si limitano a “prendere atto”, quasi che il decreto 76 non fosse anch’esso uno dei provvedimenti applicativi della legge di riforma n. 53 di cui si continua a chiedere con forza l’abrogazione o quanto meno la cancellazione.
E’ possibile che il documento rappresenti una prima apertura verso posizioni meno rigide e più vicine all’idea, sostenuta da tempo dalla parte più moderata dell’attuale maggioranza di Governo e sulla quale potrebbero convergere anche pezzi significativi del centro-destra, di una revisione del sistema di istruzione e formazione rivolto ai ragazzi che escono dalla scuola media che non preveda necessariamente l’obbligo di permanenza dentro la scuola superiore fino a 16 o addirittura 18 anni.