Home Attualità La legge 107? “Una riforma scritta senza ascoltare i docenti. Bisogna ripensarla...

La legge 107? “Una riforma scritta senza ascoltare i docenti. Bisogna ripensarla con chi vive la scuola” [VIDEO]

CONDIVIDI

Si è tenuto a Roma, il 16 marzo il Convegno “Aprire le porte: creazione sociale e pedagogia del mercato. Per una scuola e un’università inclusive, ecologiche e cooperative”, che aveva come argomento quello di riflettere sulle problematiche della legge 107, alla luce dell’Appello per la scuola pubblica redatto da un folto gruppo di insegnanti e sottoscritto da oltre diecimila cittadini.
Il documento, che è stato inviato al presidente Mattarella e agli ex presidenti di Camera e Senato, è stato proposto da 8 insegnanti ed ha visto anche le firme di partecipazione da parte di importanti intellettuali italiani, come Massimo Cacciari e Umberto Galimberti.

Il direttore della Tecnica della Scuola, Alessandro Giuliani, ha raccolto alcune considerazioni di due degli otto insegnanti proponenti, Rossella Latempa e Gianni Vacchelli, presenti al convegno.

Ci siamo incontrati lo scorso autunno, dichiara Rossella Latempa, e abbiamo deciso di scrivere un libro sulla legge 107, in cui si affrontare le problematiche della riforma: dall’alternanza scuola lavoro all’abolizione della pervasività delle prove Invalsi, passando per gli esami di stato e l’abolizione della metodologia obbligatoria, come il Clil. Lo scopo finale è un vero e proprio dibattito pubblico che tenga conto della voce della scuola”.

Riforma scritta senza gli insegnanti

Gianni Vacchelli, scrittore e insegnante, parla invece del silenzio con cui è stata approvata la riforma: “Questo documento ha raccolto firme fra studenti, insegnanti, cittadini, alcuni intellettuali, Settis, Galimberti, Cacciari, ecc..”
“Il problema principale, continua Vacchelli, è che si sono attuate trasformazioni della scuola nel silenzio, senza mai interpellare gli insegnanti. Noi vogliamo dire no, ripensare la scuola e riformarla in modo critico, intelligente e ponderata, e non solo per delle ragioni economiche, che sembrano essere il grande motore delle riforme della scuola degli ultimi 20 anni”.

Il documento

  • LA SCUOLA NON HA IL COMPITO DI PREPARARE AL LAVORO, che costituisce solo una delle dimensioni in cui si realizza la vita umana.
  • LA SCUOLA NON DEVE FORNIRE “COMPETENZE” PER UN FUTURO MESTIERE, che configuri precocemente l’individuo lavoratore, ma deve formare la personalità dei ragazzi, arricchire la loro cultura, il pensiero critico, l’attitudine alla ricerca e alla soluzione dei problemi.
  • I RAGAZZI SI POSSONO AVVICINARE AL MONDO DELLE IMPRESE, NON PER ESSERE ADDESTRATI, MA PER ARRICCHIRE LA LORO CONOSCENZA DELLA VITA REALE, per scorgere da vicino le mirabiliadella tecnologia produttiva del nostro tempo, e al tempo stesso la fatica degli uomini e delle donne che producono la ricchezza nazionale.
  • LA SCUOLA NON DEVE DIVENTARE “ADEGUATA ALLA SOCIETÀ”, INTENDENDO PER SOCIETÀ IL MERCATO DEL LAVORO E L’UNIVERSO DEI VALORI CONSUMISTICI. La scuola deve diventare adeguata ai problemi del mondo complesso in cui viviamo, che non si esaurisce nella sfera della produzione, ma comprende i conflitti che lo agitano, i dilemmi di una natura gravemente vulnerata nei suoi equilibri, le disuguaglianze che lacerano le società umane.
  • LA DIREZIONE ANTISTORICA SINO AL GROTTESCO DELLE RECENTI RIFORME, ispirate al compito di piegare gli istituti della formazione alle necessità immediate delle imprese, ha creato dentro la scuola, così come dentro l’università, un’ossessione normativa, un’ansia di controllo dei risultati, che sta soffocando la libertà dell’insegnamento, sta piegando il pensiero umano sotto il calco unidimensionale della prestazione efficiente. Occorre un’opera radicale di smantellamento e di delegificazione, che liberi la figura dell’insegnante dagli infiniti obblighi di rendicontazione che oggi l’opprimono, che gli restituiscano il tempo per lo studio, per l’insegnamento, per il dialogo con i ragazzi.
  • LA POLITICA DELL’AUTONOMIA È IN REALTÀ DIVENTATA L’OCCASIONE PER SOTTRARRE RISORSE PUBBLICHE ALL’ISTRUZIONE, costringendo le singole scuole a inventarsi aziende alla ricerca di finanziamenti, di progetti, d’iscrizioni, in concorrenza l’una con l’altra.
  • OCCORRE UNA DECISA POLITICA D’INVESTIMENTO, INDISPENSABILE PER METTERE DAVVERO AL CENTRO LA SCUOLA E LA RICERCA, per invertire la rotta di marginalizzazione del Paese e di esclusione di strati sociali e aree geografiche drammaticamente sempre più estese. Occorre liberare gli istituti scolastici da compiti impropri e gli studenti dall’attuale saturazione dei tempi, mettendoli nella condizione di sperimentare che il tempo dell’apprendere, del creare e dell’immaginare, della meditazione interiore, della consapevolezza di sé, è un tempo disteso, non quello soffocato delle mille cose mordi e fuggi, dei mille addestramenti, dei cento attestati.
  • OCCORRE ABOLIRE LA FIGURA DEL PRESIDE MANAGER E RIPRISTINARE QUELLA DEL PRESIDE, QUALE PRIMUS INTER PARES,ispiratore e coordinatore della comunità di studio e di insegnamento che è la scuola. La modellazione gerarchica e autoritaria dei luoghi della formazione sulla forma azienda è una scelta di grave arretramento culturale e di svuotamento della dimensione umana, dialogica e dello spirito cooperativo della scuola.
  • LA SCUOLA, COME VUOLE LA NOSTRA COSTITUZIONE, COSTITUISCE UN FONDAMENTO IMPRESCINDIBILE DELLA MOBILITÀ SOCIALE. Essa deve essere dunque pensata come strumento per fornire pari opportunità a tutti i ragazzi, indipendentemente dalle loro provenienze familiari. Per questa ragione essa ha bisogno di risorse supplementari per intervenire sul proprio territorio, ridurre la dispersione scolastica, combattere la tendenza che la marginalità sociale ha di trasformarsi in marginalità culturale.
  • OCCORRE BANDIRE L’IDEOLOGIA MERITOCRATICA (che non significa disconoscere il merito), pensata per fabbricare l’individuo competitivo. La nostra società è già divorata da un agonismo economico sempre più spinto, oltre il quale c’è il conflitto armato. Noi dobbiamo realizzare nella scuola la cooperazione educativa, insegnare ai ragazzi la capacità di lavorare insieme, di riconoscere la cultura e la dignità dell’altro, di costruire già nella scuola la società solidale di cui l’umanità ha una drammatica esigenza. Noi non abbiamo bisogno di sempre più merci e sempre più a buon mercato, di beni che ormai saturano gli spazi quotidiani, non dobbiamo soddisfare bisogni sempre più indotti e superflui.