
Psicologia: rischi e prevenzione della vita iperconnessa. Questo il titolo di un’intervista alla dottoressa Letizia La Vista, psicologa e psicoterapeuta torinese, reperibile sulla piattaforma One Podcast.
In dieci minuti, la specialista piemontese esprime il suo parere sulla questione sottolineando i pro e i contro della nostra quotidiana esposizione ai social: se da un lato, infatti, le tecnologie digitali e i social possono intrattenerci nel tempo libero e ampliare le possibilità di conoscenza, dall’altro una vita sempre più connessa non è esente da rischi, soprattutto per i soggetti più sensibili come gli adolescenti. Si pone allora il problema di come intercettare i sintomi di un malessere legato a una presenza online sempre più dominante e invasiva.
L’uso problematico dei social media – così si esprime La Vista – si riferisce all’impiego eccessivo e compulsivo delle piattaforme social, che ha un impatto negativo sulla salute mentale, sul benessere generale e sul funzionamento dell’individuo. Questo comportamento è spesso associato a sintomi simili a quelli della dipendenza, come la preoccupazione, che sfocia in ossessione, per i social. Possono comparire anche sintomi di astinenza e la perdita di controllo e la capacità di autoregolarsi rispetto all’uso delle piattaforme. Non solo, nei casi più gravi compaiono sintomi depressivi, ansiosi e da stress.
Genitori ed educatori dovrebbero cominciare a preoccuparsi in presenza di ragazzi o ragazze che preferissero interagire sui social invece che in presenza, faccia a faccia.
Il discorso della psicoterapeuta si fa più interessante quando passa a trattare il caso degli adolescenti con diagnosi ADHD. Come definita dall’Istituto Superiore di Sanità, questa sindrome consiste in un disordine dello sviluppo neuro psichico del bambino e dell’adolescente, caratterizzato da iperattività, impulsività, incapacità a concentrarsi che si manifesta generalmente prima dei 7 anni d’età. Questi ragazzi possono manifestare serie difficoltà di apprendimento che rischiano di farli restare indietro rispetto ai compagni di classe, con evidenti danni emotivi. I dati forniti dall’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri” di Milano dicono che in Italia il disturbo da deficit di attenzione e iperattività colpisce circa il 2,9% dei bambini, soprattutto maschi, nella fascia d’età compresa tra i 5 e 17 anni.
In che modo i social media possono essere ancora più pericolosi per i ragazzi che soffrono di questa patologia? I sintomi dell’ADHD – secondo la dottoressa La Vista – possono influenzare significativamente l’uso dei social media, spesso conducendo a comportamenti problematici o di dipendenza. Questo perché chi ha l’ADHD spesso presenta disregolazione emotiva ed impulsività e l’uso dei social può essere percepita come una sorta di gratificazione immediata che dà sollievo rispetto allo stress. Ciò però comporta dei rischi, perché – come dicevamo – le persone con ADHD sono più suscettibili allo sviluppo di una dipendenza da social, con i rischi correlati di isolamento sociale, ansia e depressione. Da non trascurare – conclude la psicoterapeuta – che i ragazzi con ADHD possono, più di altri, diventare vittime di violenze legate al cyberbullismo.
Che fare, dunque? La dottoressa si rende conto che non è facile per i genitori impedire ai propri figli di usare lo smartphone: se tutti i tuoi compagni ce l’hanno, il fatto di non esserne in possesso potrebbe comportare per il ragazzo un’esclusione dai processi di integrazione con il gruppo con conseguente perdita di autostima. Occorrerebbe, semmai, attendere i 13 anni di età per regalare uno smartphone al proprio figlio. A quell’età si è già più strutturati e consapevoli dei benefici ma anche dei danni che il telefonino può procurare.