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La spesa per l’Istruzione è crollata, -1,5% rispetto a 20 anni fa: lo dice l’Eurispes annunciando un nuovo rapporto Scuola e Università

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Venti anni fa “veniva destinato all’istruzione solo il 5,5% del Pil e alla ricerca appena lo 0,7%. Purtroppo, non sono stati fatti grandi passi in avanti in questo senso, anzi, oggi l’Italia spende ancora meno per l’istruzione: il 4% circa del Pil. E l’investimento in ricerca arriva a sfiorare lo 0,5%“. A dirlo è stato il presidente dell’Eurispes, Gian Maria Fara, in avvio del seminario “Scuola e università per il futuro dell’Italia” che si è tenuto oggi a Roma per raccogliere indicazioni per la stesura del nuovo rapporto da realizzare il prossimo anno.

Sal rapporto Eurispes emerge che negli ultimi due decenni in Italia l’investimento per l’Istruzione “non è migliorato niente, anzi la situazione è peggiorata”. Una riduzione su cui pensa molto il dimensionamento scolastico del 2008, che con la Legge 133 ha ridotto di molto il numero di sedi scolastiche, di cattedre e di ore di offerta formativa.

Secondo Fara il Pnrr può rappresentare, però, un cambiamento: “le sfide sono tante” e la società “reclama nuovi modelli organizzativi ed educativi”, ha spiegato Fara.

A colloquio con l’Ansa, il direttore dell’Osservatorio sulle Politiche educative dell’Eurispes, Mario Caligiuri, “i recenti programmi elettorali dei partiti hanno tutti assegnato una funzione importante all’educazione”, ma quel che è emerso è una dimensione “inattuale” perché gli interventi proposti sono tutti “di dettaglio”.

Quindi, ha aggiunto il direttore, bisognerebbe “porre l’educazione al centro del dibattito politico, culturale e istituzionale del Paese – ha detto Caligiuri -. In Italia dobbiamo parlare dei problemi veri e questo lo è. Tutto il resto è una conseguenza della mancanza dell’aumento di sviluppo dell’educazione”.

Secondo la vicedirettrice dell’Osservatorio sulle Politiche educative dell’Eurispes, Elena Ugolini, occorre poter fare un nuovo rapporto sulla scuola e l’università dopo vent’anni perché oggi ci sono dati che prima non c’erano.

Un plauso, secondo Ugolini, va all’Invalsi, perché “ha permesso di arrivare a dati micro che danno elementi classe per classe, su tutto il territorio nazionale”. Tra i temi più importanti poi, secondo Ugolini “c’è quello della modalità di formazione e valorizzazione dei docenti, così come dei dirigenti e di tutto il personale scolastico”.

Per il presidente dell’Invalsi, Roberto Ricci, è significativo che lo scorso mese di luglio quasi il 10% degli studenti ha conseguito il diploma di maturità avendo competenze di base “che ci dovremmo attendere alle scuole medie”.

“Le regioni che hanno quindi esiti più problematici non solo hanno molti allievi in condizioni di fragilità, ma anche pochi allievi che conseguono risultati solidi e robusti”, ha detto Ricci.

Secondo il direttore dello Svimez, Luca Bianchi, “l’impegno della riduzione dei divari non solo è necessario ma è anche fondativo della stessa Costituzione”: occorre “assicurare uguali diritti in ogni parte del Paese è un percorso ancora da compiere”.

Per questo, secondo Bianchi, il Pnrr avrà un impatto se riuscirà a ridurre disuguaglianze.

Parlando di sicurezza digitale, la vicedirettrice dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, Nunzia Ciardi, si è soffermata sulla “vita intrecciata tra reale e virtuale”, definendo grave “l’assenza di un’educazione digitale”.