Home Attualità La stepchild adoption? Iniziò con mastro Geppetto

La stepchild adoption? Iniziò con mastro Geppetto

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La storia di Pinocchio è in realtà un’apologia della stepchild adoption, ancora peggio celebra aberrazioni come l’utero in affitto e di fatto istiga i giovani lettori a considerare come “normale” una famiglia in cui non è presente la mamma.

Ed eccolo il cosiddetto “complotto del gender” in una nota de La Stampa che ironizza ( non si hanno notizie sulla fonte su cui sia stato elaborato, tanto meno sull’autore dell’analisi) sulle tante dicerie imbastite per mortificare i promotori della legge sulle adozioni.

Ed ecco il testo

“Una cruda e sconcertante verità si nasconde dunque nel libro più letto e amato da generazioni di ragazzi, solo un’attenta e spietata esegesi del testo può rivelare quello che realmente celebra, in forma subliminale, il racconto di Collodi. 

Pinocchio è un libro da sempre giudicato edificante e istruttivo, ma in realtà è il vero testo anticipatore della teoria del gender. La dissoluzione del concetto tradizionale di famiglia è probabilmente stata favorita dalla diffusione, seppur in buona fede, di tale diabolico libello. E’ palese e inconfutabile, sin dall’inizio del racconto, che il protagonista dell’opera non è Pinocchio, ma la coppia gay formata da Mastro Ciliegia e Geppetto. Che tra i due falegnami ci fosse un ambiguo rapporto contro natura si evince dalla zuffa del secondo capitolo, in cui non fanno virilmente a pugni ma testualmente: “si graffiarono, si morsero, si sbertucciarono”. C’è di più: entrambi erano, in quel frangente, travestiti da donna, di sicuro per qualche loro perverso gioco sessuale: “Mastr’Antonio si trovò tra le mani la parrucca gialla di Geppetto, e Geppetto si accorse di avere in bocca la parrucca brizzolata del falegname.”  

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Altrimenti che per un party “en travesti”, si potrebbero giustificare dei parrucchini in testa a due poveri falegnami della provincia fiorentina in epoca pre risorgimentale? Da non trascurare il fatto che, alla fine della lite “tra innamorati”, i due “giurarono di rimanere buoni amici per tutta la vita” , chiaro come il patto che suggella ogni coppia di fatto. Quale era però il vero motivo della lite? Chiaro, era la decisione, sicuramente sofferta di avere un figlio attraverso una pratica non prevista dalla natura. Simbolico a tale fine è lo scambio tra i due del pezzo di legno, metafora dell’embrione da cui poi sarà generato Pinocchio.  

La madre surrogata, come oramai sarà chiaro a tutti, altri non è che la “Bambina dai capelli turchini”. Personaggio in realtà marginale che appare solo nel sedicesimo capitolo, anche se Pinocchio, quando prega Mangiafuoco (il manutengolo di un giro di ragazzi di vita), evoca per commuoverlo la mamma che mai lui conobbe, ma solo perché la fatina era stata liquidata dalla coppia di falegnami, una volta assolto il suo compito di gestazione.  

La vita dissoluta di Pinocchio è ulteriormente costellata da episodi che confermano la chiave di lettura “Queer” dell’intero romanzo. Dall’ambiguo rapporto a tre con il Gatto e la Volpe, palesi nomi di battaglia di un’altra coppia votata ai riti di Sodoma, tipica la pratica mercenaria (tariffa quattro monete d’oro) del “breath play” o asfissia erotica, che praticano a Pinocchio impiccandolo incappucciati in stile bdsm, in un dungeon ad ambientazione agreste. Pinocchio non si risparmia la partecipazione a un gaypride, denominato all’epoca “paese dei balocchi”, o a gitarelle ambigue assieme da altri ragazzi (di vita) alla volta di spiaggette isolate, con il finto pretesto di “vedere il pesce cane”.  

Chiaramente lo spirito dell’epoca imponeva un lieto fine: Pinocchio e Geppetto (che nel frattempo aveva chiuso la storia con Mastro Ciliegia) si ritrovano vestiti come damerini e ampiamente arricchiti dal patrimonio della povera Fata Turchina, della quale Geppetto era stato nominato erede, in quanto geneticamente padre di Pinocchio. Si evince, anche se non apertamente detto da Collodi, che tale nefandezza fu resa possibile grazie a una nuova legge per le coppie di fatto”.