Home I lettori ci scrivono L’alternanza alla scuola non può essere la morte sul lavoro

L’alternanza alla scuola non può essere la morte sul lavoro

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Incomprensibile che possa accadere, fatto di gravità inaudita, indegno di un paese civile”. Sono di questo tenore le pelose dichiarazioni di esponenti politici locali e nazionali che si rincorrono su giornali e TV, a commentare la terribile morte in fabbrica di Lorenzo Parelli, uno studente diciottenne travolto da una trave in acciaio durante il periodo di alternanza scuola-lavoro.

La realtà inaccettabile è che si tratta di una morte sul lavoro, l’ennesimo anello della strage continua che ogni giorno si consuma, accompagnata dalla concreta distrazione di politici e governanti costantemente occupati in altre faccende. Infatti se la salute di lavoratori e lavoratrici fosse davvero al centro della loro attenzione avrebbero provveduto già da tempo a rinforzare il ruolo dell’INAIL e degli SPRESAL ampliandone gli organici e i poteri ispettivi e sanzionatori e avrebbero ridotto al silenzio quelli che, come il ministro Brunetta, pretendono che le ispezioni siano preannunciate.

Invece si sono impegnati ad assoggettare l’intera vita sociale, in primo luogo la scuola, alle necessità del profitto. Così nel 2022 siamo arrivati ad avere 1.404 morti sul lavoro (una media di quasi 4 morti al giorno), così gli studenti delle scuole superiori, in particolare quelli delle scuole tecniche e professionali, sono stati obbligati ad accostarsi al lavoro senza alcuna preparazione reale in termini di diritti e di sicurezza affinché, sotto il ricatto della precarietà futura, possano imparare la dura legge della gerarchia e capire quale posto gli spetta nella scala sociale.

É ora di riaffermare con chiarezza che la scuola non deve preparare al lavoro disponibile (scarso, precario e sottopagato) ma che essa deve essere il luogo di organizzazione delle conoscenze, formazione di coscienze critiche, educazione all’affermazione dei diritti civili e sociali. Perciò l’alternanza scuola lavoro deve cessare, poiché costituisce un altro passo nella soggezione della scuola alle esigenze dell’impresa, permette l’esternalizzazione dei costi per la formazione dei lavoratori che sono posti a carico della spesa pubblica, diventa un’occasione di “formattazione” delle nuove generazioni all’orrendo ordine sociale esistente nel quale il lavoro e infine la vita stessa si devono considerare perennemente a rischio.

Il coordinatore nazionale

Natale Alfonso

CUB Scuola Università Ricerca