
Un Pcto particolare? Quello realizzato dagli studenti del liceo delle Scienze umane di Asti che, grazie ai loro docenti, hanno realizzato un percorso di dialogo con i detenuti del locale penitenziario, da cui trarre una pubblicazione comune che sarà presentata al “Salone del libro” di Torino.
Un libro dunque nato da uno stage scolastico in carcere e scritto con un gruppo di detenuti della Casa di reclusione ad alta sicurezza della città del Monferrato, in un reciproco scambio di esperienze dal vivo e alcune delle proprie emozioni più profonde.
Una penna per due mani (Team Service Editore) è il titolo del libro che il 18 maggio sarà presentato al pubblico al Salone del Libro di Torino, dopo la presentazioni in carcere, nei giorni scorsi, alla Biblioteca astense Giorgio Faletti.
Di che si tratta, lo riporta Vita.it attraverso le parole della presidente di Effatà, che parla di due mondi che si incontrano, “Ovvero il mondo extramurario e quello intramurario, per dirla in gergo. Fra i quali, massiccio come lo fu quello di Berlino, c’è un muro costituito non solo da barriere di cemento, sbarre e cancellate dei penitenziari. Ma più ancora dall’invisibile e apparentemente solidissima barriera di pregiudizi, disprezzo e indifferenza di molti dei cittadini ‘liberi’ nei confronti dei ‘prigionieri’”.
E in effetti, è apparso evidente che gli studenti, entrati nelle carceri con una montagna di pregiudizio nei confronti dei detenuti, alla fine della loro esperienza sono usciti con idee del tutto diverse, come se fossero caduti “muri e stereotipi sul carcere e sui detenuti”.
Causa di questa sorta di ravvedimento umanitario, racconta Vita.it, gli incontri diretti coi deteneuti, “superando paure e timidezze iniziali fino a scambiarsi testi scritti e a confrontarsi su fatti di attualità ed esperienze personali talvolta anche molto drammatiche”, tanto che l’ultimo incontro, “è stato sorprendente vedere come i ragazzi non abbiano esitato a consegnare le loro storie e i loro vissuti”.
Il libro che ne è dunque nato, “Una penna per due mani”, ha una duplice copertina, e una doppia, e speculare, linea di lettura. “Seguendo una direzione si possono leggere i testi degli studenti; capovolgendo il libro e seguendo l’altra, quelli dei detenuti. A ciascuna poesia, racconto o riflessione di un recluso corrisponde un testo analogo, per stile espositivo e tema affrontato, scritto da una studentessa o da uno studente. Pagine di versi, testi, fiabe, fumetti e meditazioni, intercalate da illustrazioni a colori, muovono dall’estremità delle due opposte copertine e convergono al centro del volumetto dove due disegni sigillano l’opera fronteggiandosi come per abbracciarsi: la cella disadorna di un prigioniero con le sbarre alla finestra e la camera con vista sul mondo di un adolescente”.
“Anime di ragazzi all’alba della vita e di adulti che hanno perduto la libertà si mettono a nudo e mozzano il fiato: davanti al lettore scorrono sogno, purezza, nostalgia, rimpianto, l’abisso della depressione, la forza dell’amore”.