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Liberalizzare la scuola?

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Si parla, tante volte polemicamente, di liberalizzazione nel campo di taluni servizi di trasporto pubblico, del commercio e della vendita di alcuni prodotti essenziali per la salute dell’uomo come i parasanitari e  delle professioni, per citare solo taluni dei campi in cui sta tentando di porre mano l’attuale maggioranza governativa con il decreto che è stato contestato molto aspramente dalle categorie interessate.
Il concetto di recente è entrato prepotentemente anche nel dibattito scolastico ed ha invaso gli ambiti degli indirizzi, della gestione, dell’organizzazione della scuola. 
Purtroppo, come accade quando si affrontano problemi antichi con logiche moderne, anche il tema della ‘liberalizzazione’ non sempre è affrontato con la più adeguata logica, nella giusta dimensione e visto nella prospettiva più sicura.
Il retroterra ideologico appanna la mente di chi l’affronta pur se animato dall’impegno di non lasciarsene condizionare.
Il discorso sulla ‘liberalizzazione’ della scuola è stato aperto, come ricorderemo, da una intervista ad un grande quotidiano del Cardinale Scola, Patriarca di Venezia, sulla liberalizzazione dell’istruzione in Italia, che ha aperto un dibattito e che, a giudicare dalle prime risposte e dallo sbocco avuto addirittura nel Parlamento, si ha più di un motivo per ritenere che nei tempi che verranno sarà ampio, lungo e persino acceso.
Secondo il Cardinale Scola “c’è bisogno di liberalizzare la scuola nell’ottica di una nuova laicità, che esca da un puro schema dialettico del rapporto Stato-Chiesa e raccolga le istanze di una profonda democrazia fatta di ‘libertà realizzate’ come atto di coraggio di una radicale scelta del Paese per realizzare appieno la libertà dell’educazione”.
Secondo il Cardinale Scola, il modello unico, come chiama quello dello Stato, limiterebbe la libertà del Paese, ridurrebbe la scuola e l’università a Cenerentole.
La sua proposta alternativa? Lo Stato si limiti a ‘governare’ la scuola. Eviti di gestirla.
Questo perché la tanto invocata scuola pubblica, quella dello Stato, è tale solo ‘de iure, de facto diventa privata’ , finendo nelle mani di gruppi egemonici.
Allo stesso Cardinale Scola non sembra che il sistema scolastico italiano sia, come dovrebbe, essere, rispettoso della Costituzione in cui si parla di ‘libera Chiesa in libero Stato’.
Affermazioni, come ognuno può costatare, troppo pesanti tanto che, immediatamente …metabolizzate dalla maggioranza governativa e dall’opposizione di centro-destra hanno spinto subito il Ministro della P.I. a rispondere nella sede istituzionale, anche se a titolo personale.
Il Ministro Fioroni ha risposto, ovviamente a titolo personale, ma è ovvio che una risposta, anzi più risposte, dovranno essere date perché sia chiara la posizione del governo nei riguardi della scuola che l’attuale maggioranza governativa vorrà costruire per il futuro.
Nel rispondere ad un’interrogazione parlamentare degli onorevoli Aprea e Baldelli, della Casa delle Libertà, il Ministro Fioroni, dopo aver dichiarato che il Patriarca di Venezia ha toccato temi che esigono una riflessione, ha detto che come Ministro della P.I. non si sottrarrà a discutere del problema “nell’interesse della scuola italiana che è scuola di tutti e per tutti”.
Lungo e motivato è stato il suo intervento in cui, pur avendo ricordato il superamento del “mito della scuola unica” ha affermato che, a suo parere, “aprire al mercato significa rispondere non alla logica della competizione sull’eccellenza, ma alla logica ferrea dell’azienda, in cui si configura il rapporto tra costi e benefici”.
Si poi chiesto che “rispetto ad una scuola aperta al mercato, nei settemila comuni italiani con meno di cinquemila abitanti, nelle zone montane, sismiche, disagiate, degradate, a chi sarà affidata la responsabilità dell’apertura degli istituti e della comunità scolastica?”
Ha poi aggiunto che aprire una scuola non statale al centro di grandi città come Roma, Milano, Torino o Napoli è sicuramente cosa molto facile. Non altrettanto facile sarebbe trovare privati nei piccoli comuni.
Chi darà le risposte, si è chiesto ancora il Ministro Fioroni, ai bambini diversamente abili o ai figli degli immigrati, ai figli dei rom?
Sul tema, come è prevedibile, si aprirà un dibattito che occuperà le discussioni dei tempi che stanno per venire. È giusto, del resto che ciò avvenga. È auspicabile che sia alimentato da più parti e con argomentazioni serie e, per quanto possibile, libere da pregiudizi.
La risposta data dal Ministro Fioroni è sicuramente apprezzabile per la tempestività con cui è venuta e perché denota un’attenzione ai problemi reali della scuola di oggi, della scuola vissuta dagli studenti tutti i giorni. Attenzione che è mancata nel quinquennio che si è chiuso con la gestione del centro-destra, quando la politica scolastica del Ministro Moratti era cieca e sorda a quanto vibrava fuori dalla scuola.
Ha bisogno, nondimeno, di essere approfondita chiamando in causa le ragioni, di natura storica, politica, culturale, ecc., sottese all’idea di scuola pubblica dello Stato che è scuola di tutti, nel senso ovviamente, di ciascuno.