
Nuovo articolo sulla rivista online Lab Parlamento il 1° febbraio 2025: il medico Vittorio Lodolo D’Oria torna a parlare degli insegnanti suicidi e delle proposte da lui offerte al ministro Valditara già da diversi anni senza aver ancora ricevuto risposta concreta. Tra le sue proposte, quella di rivedere le politiche previdenziali sulla base della salute dei docenti: ossia abbassarne l’età pensionabile, viste le condizioni croniche di stress in cui lavorano e la loro poca adattabilità a una Scuola che non riconoscono più.
La vita dei docenti da alcuni decenni (e nell’ultimo in particolare) risente di difficoltà crescenti, tra le pressioni di genitori e dirigenti, incombenze burocratiche che invadono gli ultimi scampoli di tempo libero, e continue richieste di adesione a programmi di “aggiornamento” — indottrinamento? — fornite dalle maggiori multinazionali del web.
Arrivano i Nostri: G.A.F.A.M., salvifico e tecnologico deus ex machina
Chi ha sempre creduto nel valore della conoscenza come base di qualsiasi competenza, difficilmente può proferire atti di fede nell’attuale religio delle fantomatiche “rivoluzioni didattiche” attuate dal deus ex machina tecnologico. “Rivoluzioni” o restaurazioni che siano, l’unico loro effetto certo sarà l’addomesticazione della Scuola ai bisogni di Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft e compagnia cantante (e investente), moltiplicandone a dismisura i profitti tramite la vendita alla Scuola pubblica di prodotti hardware e software a velocissima obsolescenza programmata. A spese pubbliche, s’intende.
Il disagio dei vecchi insegnanti “renitenti alla leva”
Come può, chi insegna da 36 e più anni, viver bene una Scuola ridotta a supermercato delle nuove tecnologie d’oltreoceano? Non sarebbe allora più utile (alle suddette multinazionali “benefattrici”) che lo Stato italiano lasciasse andare in pensione docenti così anziani da risultare renitenti alla leva (degli allineati alla “rivoluzione tecnologica” della didattica)? Non sarebbe più produttivo e profittevole (per i miliardari) che lo Stato italiano lasciasse lavorare i giovani, oggi molto più cedevoli di un tempo sul piano dei princìpi etici e professionali? Certo, per la Scuola sarebbe un disastro: ma non è forse questo il risultato che pervicacemente si insegue da 40 anni? La Scuola, se funziona, rende il popolo meno bue: non è forse proprio per questo che va distrutta?
Docenti “missionari” e sempre più ammalati nel corpo e nella psiche
Altra proposta del Dottor Lodolo D’Oria: formare i docenti sui rischi professionali per la salute tipici dell’insegnamento, sulla prevenzione e sugli strumenti per tutelarsi. La pubblica opinione nulla sa delle patologie dei docenti, nonché del rischio di malattia psichiatrica, che i docenti corrono più di qualsiasi altra categoria professionale. I docenti stessi non ne sono sufficientemente informati, e si ammalano anche perché non si risparmiano, non lesinano le proprie energie, si sentono perennemente in colpa e inadeguati rispetto ai propri doveri (che vivono spesso — sbagliando! — come “missione” anziché come professione). Argomento su cui anche i dirigenti andrebbero formati, essendo anch’essi responsabili della salute dei docenti.
“Sportello medico-legale” di supporto. Divulgazione dei dati sulle malattie dei docenti
I dirigenti, secondo Lodolo d’Oria, dovrebbero anche mediare coi genitori in caso di presunti maltrattamenti di alunni da parte dei docenti, evitando l’indebita interferenza dell’Autorità giudiziaria, che valuta spesso il singolo episodio senza calarlo nella quotidianità, nel contesto e nella valutazione d’insieme dei fatti correlati. Lodolo d’Oria propone altresì di creare «uno “Sportello medico-legale” di supporto (USR o MIM) ai DS per affrontare le tante incombenze medico-legali».
Infine, la proposta più importante: «abbattere gli stereotipi dell’Opinione Pubblica sulla categoria attraverso la diffusione annuale delle statistiche rilevate sulla salute professionale». Il medico suggerisce di studiare a tal fine i dati ricavabili dalle visite di inidoneità/inabilità nei Collegi Medici di Verifica effettuate nell’ultimo ventennio: tali dati — ricorda — sono in possesso dell’Ufficio III del Ministero Economia e Finanze (MEF).
Se sono sincere le tante ministeriali promesse
Lodolo D’Oria chiede la luna? Tutt’altro: semplicemente, fornisce al ministro dell’istruzione un piano di lavoro, da realizzare nel caso fossero sincere le dichiarazioni d’intenti più volte sbandierate dal ministro stesso: quelle sulla difesa dei docenti; quelle sugli aumenti salariali; quelle sul burnout dei docenti; quelle sulle scuole moderne (in edifici fatiscenti); quelle sulla dispersione scolastica e sul supporto psicologico agli studenti (senza medici né psicologi a scuola, ma con tutor e orientatori); quelle su italiano, latino e geografia (senza stanziare un centesimo, senza ricostruire le cattedre, senza risarcire il taglio di 8,5 miliardi alle cattedre inferto dal trio Gelmini/Tremonti/Berlusconi nel 2008); e via propagandando.
Obiettivo (quasi raggiunto): far studiare meno chi più ne avrebbe bisogno
Unica vera “rivoluzione” (controrivoluzionaria?) del dicastero Valditara: quella della “Filiera formativa tecnologico-professionale 4+2” (Legge 8 agosto 2024, n. 121); itinerario in realtà già aperto da chi l’aveva preceduto nell’ultimo decennio. Il “+2” mira, infatti, a far dimenticare l’eliminazione dell’ultimo anno delle Scuole Secondarie, onde diplomare gli studenti a 18 anni anziché a 19: obiettivo tanto sospirato da tutti i governi dal 2013 in poi, nel tentativo — vano per chiunque abbia un minimo di raziocinio — di far credere al popolo bue che si possa imparare in quattro anni quel che non s’impara in cinque (e che anzi andrebbe imparato in sei).
Controrivoluzionaria davvero, la trovata: infatti farà studiare meno gli studenti degli istituti tecnici, che generalmente vengono dai ceti popolari; ossia proprio quegli studenti che andrebbero tenuti a scuola di più. Guarda caso. Con buona pace di Piero Calamandrei e degli altri Padri costituenti, che hanno creduto nella funzione democratica ed emancipatrice della Scuola pubblica.