Home Attualità L’ossigeno del docente: la libertà d’insegnamento. Ma non è tutelata ovunque

L’ossigeno del docente: la libertà d’insegnamento. Ma non è tutelata ovunque

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Da tre anni e mezzo i docenti ucraini dei territori occupati non son più liberi d’insegnare come credono, in scienza e coscienza, ciò che ritengono utile e importante per i propri alunni. Lo Stato russo, impadronitosi dei loro territori, pretende che insegnino la lingua russa invece di quella ucraina; per di più impone di non insegnare la storia ucraina, spacciando i territori occupati come russi.

Lo denuncia da anni Amnesty International. Il docente che non collabori è costretto a lavorare anche contro la propria volontà. Le autorità, per obbligarlo, non esitano a ricorrere a violenze e minacce. Maestri e professori son forzati a manipolare i fanciulli, insegnando che l’aggressione russa all’Ucraina è colpa dell’Ucraina stessa.

Ucraina occupata: insegnanti che hanno paura di insegnare

Siamo al punto che i docenti nascondono la propria professione agli occupanti, fingendo di svolgere solo lavori umili. In particolare fanno questo gli insegnanti di lingua ucraina e di storia, proprio per non essere obbligati ad insegnare ciò che gli occupanti vogliono imporre. I russi perquisiscono le case dei docenti “sospetti”, distruggendo libri di storia, mappe, simboli ucraini, libri in lingua ucraina. Mettono sotto pressione i docenti che accettano di collaborare, per spingerli a denunciare i colleghi renitenti.

Come riconoscere la tirannide: controllare la Scuola significa controllare le menti

Un’atmosfera di vero terrore. Il regime di Mosca, come ogni regime tirannico, vuole riscrivere l’identità ucraina a partire dal controllo sulla Scuola. Riaprire le scuole nei territori occupati non è un modo per far ritrovare la pace a quei territori e aiutare bimbi e ragazzi a crescere, ma per indottrinarli e controllarne il cervello, plasmandoli come i dominatori vogliono siano plasmati. Ogni mezzo è lecito per piegare i docenti a far questo: violenze fisiche, perquisizioni nelle loro case, minacce terrificanti, ricatti emotivi. Parecchi docenti fuggiti raccontano simili orrori.

Uno schema tipico è l’arrivo di vari uomini armati a casa del docente preso di mira, che viene afferrato e portato fuori casa, mentre i familiari son guardati a vista. Il docente viene picchiato pesantemente, chiamato “nazista”, costretto a farsi fotografare con simboli russi. Dopo averlo fotografato, lo minacciano che, se fuggisse in Ucraina, manderebbero quelle foto alle autorità ucraine per farlo imprigionare come traditore. Metodi da regime stalinista (o nazifascista) in piena regola, insomma.

La libertà d’insegnamento va difesa come l’aria che respiriamo

La libertà si apprezza quando la si è perduta, come molte altre cose essenziali per vivere. Lo disse Piero Calamandrei nel suo Discorso sulla Costituzione (1955): è come l’aria, di cui ti accorgi quando comincia a scarseggiare. Per chi insegna, l’aria è la libertà d’insegnamento. Va difesa con tutte le proprie forze, come una delle più fondamentali libertà. È, tra l’altro, la libertà che garantisce quasi tutte le altre, perché solo chi è istruito nella libertà sa di esser nato libero in quanto essere umano, e di aver diritto alla libertà come a tutti gli altri diritti imprescindibili.

Decine e decine di Paesi in guerra non conoscono la libertà d’insegnamento

L’Ucraina non è, purtroppo, l’unico paese in cui la libertà d’insegnamento sia coartata e mutilata. Si pensi agli oltre 100 Paesi del pianeta che vivono in un perenne stato di guerra. I conflitti rappresentano l’occasione principe per comprimere e reprimere ogni libertà. In alcuni casi la guerra — feroce — viene condotta dallo Stato nei confronti del proprio stesso popolo (come in Birmania).

Ovvio pensare che gli insegnanti di quei Paesi non siano liberi di insegnare come potrebbero e dovrebbero. Quasi nessuno ci pensa, ma limitare e conculcare la vita e il pensiero degli insegnanti limita e deforma anche la libertà dei discenti. Ogni volta che un docente è insoddisfatto, impoverito, censurato, ricattato, sono i suoi alunni a risentirne. Ecco perché la libertà d’insegnamento è condicio sine qua non della qualità dell’istruzione di un Paese.

Hong Kong: i docenti sotto il controllo dello Stato cinese

Un posto del mondo in cui gli insegnanti fuggono dalle scuole perché non si sentono liberi è Hong Kong, dal 1997 sotto il controllo dello Stato comunista cinese. Nell’anno scolastico 2020/21 4.000 docenti si sono licenziati: il 70% in più dell’anno precedente. Il motivo? L’entrata in vigore, il 30 giugno 2021, del National Security Law (NSL, la Legge sulla Sicurezza Nazionale) di Pechino. Da allora gli insegnanti sono costretti al “giuramento di fedeltà”.

Inoltre sono stati introdotti e resi obbligatori i “programmi scolastici di sicurezza nazionale”. Gruppi filocinesi hanno cominciato a spingere i cittadini a denunciare chi violasse la NSL. Insegnanti e giornalisti sospetti sono stati accusati di “comportamenti professionali errati”.

Le denunce sono state centinaia, cui sono seguite misure disciplinari, richiami verbali, avvisi scritti, ammonizioni, lettere di richiamo, licenziamenti. L’accusa più frequente è quella di avere un orientamento politico “sbagliato” e di far politica in classe. Le scuole hanno dovuto esporre la bandiera nazionale cinese e celebrare ogni giorno l’alzabandiera, selezionando per farlo gli studenti “bravi” (ossia figli di famiglie filocinesi).

Insegnanti liberi o pedagogia di Stato?

Molti insegnanti sono fuggiti nel Regno Unito con la sensazione di non poter più respirare in un ambiente simile. Restano quelli disposti a compromessi, o privi di idee personali e desiderosi solo di sopravvivere dove sono nati. Poco importa per loro che agli alunni venga fatto il lavaggio del cervello dallo Stato.

Eppure compito di un docente degno di questo nome è proprio fornire gli strumenti culturali per non farsi condizionare da nessun potere, politico, ideologico, economico, religioso che sia. Condizione necessaria per un futuro più umano, e per un mondo migliore di questo.