Home I lettori ci scrivono Ma noi in Sardegna i malati li accudiamo a casa!

Ma noi in Sardegna i malati li accudiamo a casa!

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Gentile Direttore, 

Sono una vostra lettrice da ormai 27 anni (questa è la mia anzianità di servizio), sono una docente di scuola secondaria in Sardegna e beneficiaria della legge 104.

Le scrivo per esprimere il mio parere sul vostro articolo “In Sardegna un docente su cinque è pagato per stare a casa“.

La legge n. 104 del 1992 prevede, tra l’altro, benefici sul lavoro per i lavoratori disabili e per chi assiste a tempo pieno un anziano non autosufficiente o un portatore di handicap perché non più in grado di svolgere gli atti quotidiani della vita.

Le voglio far presente che in Sardegna siamo soliti tenere a casa i genitori anziani e non assegnarli alle strutture sanitarie private, che in Sardegna abbiamo il più alto numero di malattie come anemia mediterranea, SLA, sclerosi multipla, diabete.

I numeri che indicano una quota maggiore di persone che usufruiscono di tali benefici non deve indicare per forza che i cittadini della Sardegna sono lavoratori poco onesti che approfittano delle situazioni. Dietro un malato portatore di handicap c’è una commissione medica che emette una relazione ai sensi della normativa vigente.

In Sardegna teniamo i nostri malati in casa e li accudiamo fino alla fine, forse in Piemonte, considerata regione più virtuosa, e dove sono presenti numerose cliniche private e dove il reddito familiare è più alto e dove si hanno valori diversi i malati vengono affidati ad altri. Condizione, infatti, per poter usufruire dei giorni di permesso o delle ore o del congedo di due anni è che il disabile sia tenuto a casa e non ricoverato a tempo pieno.

Io insegno una disciplina professionalizzante in un istituto tecnico, usufruisco di un’ora al giorno di permesso ai sensi della legge 104, ma le assicuro che svolgo in pieno il mio lavoro di docente, preparo le lezioni, correggo i compiti, faccio lezione regolaramente, partecipo a tutte le attività funzionale all’insegnamento.

Non sono pagata per stare a casa, ma sono pagata per il lavoro che svolgo con precisione e passione. che dire dei colleghi a ore zero che abbondano in alcune discipline grazie alla riduzione delle cattedre per effetto delle riduzioni delle ore di lezione per disciplina, condannati dal Governo centrale a non fare nulla oltre che i tappabuchi?

Prevedere forme di sostegno alla disabilità è un segno di civiltà di un Paese civile.