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Mobilità 2017, salgono le chance dei trasferimenti mantenendo la titolarità: pure fuori provincia

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Lo avevamo detto: il Miur farebbe bene a permettere di far spostare anche l’anno prossimo i docenti assunti fino al 2014 senza far perdere loro la titolarità.

E nemmeno la continuità didattica. Dalle ultimissime notizie pervenute in redazione, sembra che l’esito del referendum e il conseguente allestimento del nuovo Governo Gentiloni, stiano induce l’amministrazione di Viale Trastevere addirittura ad estendere tale possibilità ai trasferimenti interprovinciali, non limitando più la chance (come accadde lo scorso anno scolastico) solo in caso di trasferimento sul primo ambito territoriale prescelto.

L’intenzione, l’apertura, è già stata esplicitata mercoledì 7 dicembre ai sindacati. Ma quella che sembrava poco più di una possibilità, nelle ultime ore (con il cambio di Governo) è diventata un’opportunità sempre più consistente. Che farà piacere, sicuramente, a decine di migliaia di docenti. Molti di loro, infatti, quest’anno avevano tentato il trasferimento, consapevoli dell’alta possibilità di avere accesso al trasferimento tradizionale, scuola su scuola, per l’ultima volta. E non a tutti è andata bene la destinazioni.

Il comma 73 della Legge 107/2015, del resto, non dava molte speranze: “Dall’anno scolastico 2016/2017 la mobilità territoriale e professionale del personale docente opera tra gli ambiti territoriali”, riporta la legge approvata nel luglio 2015. In tanti, così, hanno rischiato (non a caso abbiamo assistito a quasi 210mila domande di spostamento): presto, potranno aver un’altra possibilità di avvicinarsi a casa.

E assieme alla deroga alla mobilità solo per ambiti territoriali, era prevista anche quella di permanenza triennale in provincia per gli assunti con la “Buona Scuola”.

 

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Ora, però, il “vento” – seppure siano passati solo pochi mesi – sembra sia già cambiato: l’approdo a Viale Trastevere di Valeria Fedeli, con un lungo passato di sindacalista Cgil, potrebbe avvicinare le istanze dei docenti e dei sindacati alle posizioni dell’amministrazione.

Poi, a ben vedere, c’è anche un altro motivo che potrebbe far fare retromarcia al Miur rispetto a quanto deciso in Parlamento con la riforma: l’esito presseché disastroso dell’algoritmo che ha deciso i trasferimenti dell’estate 2016.

Secondo Italia Oggi, non può non pesare sulla decisione finale, l’altissimo numero di tentativi di conciliazione andati in porto negli ultimi mesi, a seguito degli errori, anche marchiani, causati dal sistema informatico ministeriale allestito allo scopo (peraltro spendendo una cifra da capogiro): il rischio dei “ricorsi seriali” – anche da parte di vincitori di concorso che per il secondo anno potrebbero non essere immessi in ruolo perché i loro posti sono stati utilizzati per “tamponare” le falle venutesi a creare con i trasferimenti errati – è dietro l’angolo.

Con l’amministrazione soccombente due volte: a livello economico, perchè il docente danneggiato va risarcito; a livello d’immagine, che è poi quella che ha collaborato non poco alla disfatta renziana del referendum del 4 dicembre. Con la necessità del Governo di recuperare consensi, agli occhi dell’opinione pubblica, potrebbe essere decisiva. 

Meglio, quindi, tornare alle origini (quando gli ambiti e la chiamata diretta non esistevano). A prima del Governo Renzi. Di cui presto rimarrà solo un ricordo. Per la maggior parte dei docenti, tra l’altro, tutt’altro che malinconico.

 

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