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Niente benedizioni pasquali in classe: a Bologna prof e genitori si appellano al Tar

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Della polemica sulle benedizioni pasquali delle scuole si occuperanno anche i giudici del Tar. Il 4 marzo, infatti, undici insegnanti e sette genitori delle scuole dell’Istituto Comprensivo 20, assieme al Comitato Scuola e Costituzione, hanno presentato un ricorso al tribunale amministrativo per chiedere di sospendere la delibera con cui il Consiglio di istituto nelle scorse settimane aveva autorizzato le benedizioni. Benedizioni richieste dai parroci a cui tre plessi dell’istituto (Carducci, Rolandino e Fortuzzi) fanno riferimento.

La richiesta delle parrocchie, a febbraio, aveva fatto scoppiare la polemica. “Contro – scrive l’Ansa – si erano infatti schierati alcuni genitori e insegnanti. Alla fine il consiglio di istituto, presieduto da Giovanni Prodi, nipote dell’ex presidente del consiglio, aveva deciso (con 2 voti contrari) di autorizzare la benedizione, ma in orario extrascolastico, e con i bambini accompagnati dai familiari. Il Comitato aveva allora annunciato il ricorso. L’annuncio aveva, tra l’altro, suscitato le critiche della Curia”.

Domenica scorsa, con un intervento su Bologna Sette (inserto domenicale bolognese di Avvenire), don Raffaele Buono, direttore dell’ufficio diocesano di Bologna per l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole, aveva scritto che “in uno stato di diritto è certamente legittimo impugnare una decisione che si ritiene ingiusta; è però segno di autentico amore per la democrazia rispettare l’autonomia di una scuola, in particolare quando il suo supremo organo di rappresentanza si esprime con una maggioranza schiacciante”.

A motivare il ricorso presentato, per il Comitato, il fatto che le benedizioni “non costituiscono attività didattica o culturale e dunque non sono classificabili tra le attività scolastiche e neppure extrascolastiche”. Non ha poi importanza “che la celebrazione sia non obbligatoria prevista al di fuori dell’orario scolastico perché la partecipazione o meno a un atto di culto dentro i locali della scuola discrimina i componenti della comunità scolastica in merito alla partecipazione ad un’attività da questa deliberata in base alle proprie idee religiose”. Inoltre, spiega, principio di laicità e aconfessionalità dello Stato “comportano la neutralità degli spazi pubblici”.

Peri i ricorrenti, poi, con la delibera il Consiglio si è “arrogato senza motivazione un potere che non ha, non chiedendo neppure il parere del Collegio dei docenti”, e la delibera “non definisce tempi e luoghi nei quali si dovrebbero svolgere le benedizioni”.

Intanto la Pasqua incombe, manca solo un mese, e viene da chiedersi se la decisione del Tar arrivi prima della benedizione delle classi. I tempi della giustizia, si sa, non sono così brevi: ai ricorrenti, in caso di ricorso accolto fuori tempo massimo, sarebbe riconosciuto comunque un principio. Da applicare per il futuro. 

 

 

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