
Dei genitori di religione musulmana hanno chiamato una fondazione di Modena, che offre consulenze legali gratuite per le famiglie di origine straniera, chiedendo di fare da ‘apripista’ affinché le scuole accettino studentesse con il velo integrale. Lo riporta Il Resto del Carlino.
L’avvocata che ha preso in carico la richiesta ha raccontato che la alunna in questione ha undici anni: “A Monfalcone le ragazzine vengono identificate dai collaboratori scolastici al loro ingresso a scuola. In sostanza mi hanno chiesto un aiuto per ottenere lo stesso risultato”.
Il racconto dell’avvocata
“E’ già diventata donna – ha annunciato il papà –, sta finendo le elementari e in vista dell’anno prossimo, visto che inizierà le medie, i ragazzini saranno più grandi e vorremmo tutelarla. Ci sono ragazzi anche di 13, 14 anni e vogliamo coprirla per non generare alcun tipo di attrazione”.
“Io lì per lì non ero preparata, sono sincera – commenta l’avvocata –. Da me arrivano famiglie a cui sono stati tolti i figli e non mi aspettavo una simile richiesta. A quel punto ho fatto presente loro che una bambina di 11 anni non può stare completamente coperta scoperta a scuola, è col viso che si comunica; con le espressioni. Gli ho anche suggerito di tornare in Pakistan, se reputano le regole italiane non in linea con il loro pensiero. Sono stata attaccata sui social – conclude – poiché mi hanno accusato di non essere aperta al dialogo, ma con queste famiglie il dialogo non è possibile, comunicare non serve. Secondo il loro pensiero, non era necessario che la figlia comunicasse: hanno sottolineato che andava a scuola solo perchè la scuola è obbligatoria. A quel punto ho pensato al futuro di questa ragazza, al probabile matrimonio concordato dopo la scuola dell’obbligo e mi sono preoccupata per le sue sorti: possiamo confrontarci certo sui vestiti tipici delle culture ma quello, il niqab, è un simbolo di sottomissione, silenzio, umiliazione. Ho pensato a tutti i disagi che avrebbe avuto in classe e i genitori mi hanno risposto: è lei che lo vuole”.
Riconoscimento privato alle ragazze che indossano il niqab
A Monfalcone, in una scuola, il referente di plesso effettua una sorta di riconoscimento privato alle ragazze che indossano il niqab, ossia, come riporta Treccani, il velo, solitamente di colore nero, usato dalle donne musulmane per coprire il capo e il viso, lasciando solo una fessura all’altezza degli occhi.
Come riporta Ansa, l’incaricato deve sollevare il velo alle ragazze e assicurarsi della loro identità. La prassi è non codificata ma adottata sul campo per aiutare i docenti, per le studentesse islamiche, cinque ragazze. A riportare la notizia il quotidiano Il Piccolo. La Lega, polemica, ha convocato oggi una conferenza stampa.
Anche per le materie affrontate ci sono adattamenti: per frequentare le lezioni di ginnastica, le alunne a volto coperto e tunica fino ai piedi indossano abiti alternativi a quelli tradizionalmente in uso; un’insegnante ha introdotto il badminton e qualcuno ha anche dispensato le ragazze dalla corsa.
Per la dirigente scolastica lo scopo delle modifiche è evitare di “indurre le ragazze a lasciare la scuola” visto che “l’istituzione raggiunge il suo scopo quando l’allievo consegue i cinque anni di studio”. Il Piccolo ha intervistato anche una delle ragazze che indossano il niqab: “Svolgo gli esercizi che non fanno vedere il mio corpo. Il problema è lo stage, perché l’insegnante non transige sulla mia identificazione. Oggi gli altri sono andati a fare l’attività, io sono rimasta a scuola. Se i problemi continuano non so se resterò fino alla quinta…”.
La ragazza ha riferito che i suoi genitori “non volevano che vestissi il niqab, ma è una mia scelta”. Nessun problema, invece, per i compagni di classe: “È questione di cultura. Che problema c’è?” e ancora, “vestirsi così è una loro scelta. A noi non dà alcun fastidio”.