Home Politica scolastica Obbligo scolastico a 18 anni: Flc-Cgil non si fida di Nicola Zingaretti

Obbligo scolastico a 18 anni: Flc-Cgil non si fida di Nicola Zingaretti

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La Flc-Cgil di Francesco Sinopoli non ci sta ad accettare in modo acritico le dichiarazioni di Nicola Zingaretti e replica con un comunicato piuttosto pepato.

“Le dichiarazioni del segretario nazionale del Partito Democratico a proposito della necessità di investimenti e di attenzione che occorre dedicare alla scuola, all’università, alla ricerca, ma anche all’alta formazione artistica e musicale – sostiene il sindacato – sembrano dettate da una nuova e positiva consapevolezza”. 

“Poiché da tempo e per prima la FLC CGIL ha avanzato queste idee in numerosi convegni e dossier (questi ultimi inviati puntualmente ad ogni Ministro che si è insediato con ritmi meno che biennali a Viale Trastevere) – aggiunge subito dopo Sinopoli – vogliamo tuttavia pubblicamente sottolineare queste dichiarazioni del segretario Zingaretti con una esplicita domanda: queste intenzioni sono espresse oggi per ‘tenere banco’ mediaticamente su un argomento caldo per le dimissioni del Ministro Fioramonti oppure si tradurranno a breve in proposte e iniziative concrete?”

“Non possiamo dimenticare infatti – spiega la Flc – che il Pd è stato l’artefice della legge 107 del 2015 nelle logiche che la ispiravano. L’idea di una scuola azienda subalterna agli interessi di breve periodo del sistema produttivo. Una scuola dove la competizione sostituisce la cooperazione educativa, una scuola privata di qualunque riflessione pedagogica e didattica. Una malintesa idea dell’innovazione”.

Come si esce da questa situazione contraddittoria?

“Chiediamo coerenza e autocritica – risponde Sinopoli –  le occasioni per dimostrare che non si tratta di parole al vento non mancano: con il Contratto da rinnovare occorrono risorse nuove per “adeguare gli stipendi degli insegnanti” e, aggiungiamo, non solo degli insegnanti; nella discussione sulla cosiddetta autonomia differenziata occorre escludere, in maniera esplicita, totalmente l’istruzione e la ricerca, da qualsiasi regionalizzazione; è necessario da subito programmare gli stanziamenti necessari per ripristinare le risorse sottratte al tempo pieno, al tempo prolungato, ai laboratori, al tempo scuola delle superiori, agli enti di ricerca, alle università; rimettere in discussione alla radice il sistema nazionale di valutazione dall’Invalsi all’Anvur; ricostruire la partecipazione democratica nelle scuole, negli enti di ricerca, nelle università, e infine per stabilizzare i precari”.

In altre parole, tradotto in volgari soldoni, è necessario un piano straordinario di investimenti di almeno 15 miliardi (anche di più se si vogliono contare anche i soldi occorrenti per l’adeguamento delle strutture edilizie) con uno stanziamento di 3-4 miliardi all’anno per 4-5 anni di fila.
Insomma, sui bisogni e sulle necessità sono tutti d’accordo, peccato che, fino ad ora, nessuno abbia ancora spiegato chiaramente come fare per mettere insieme tutte queste risorse (se si eccettuano i tentativi di Fioramonti di introdurre improbabili tasse su bibite e merendine).