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Pandoro Ferragni, Lucarelli e il caso simile delle bambole: i ricavi sarebbero dovuti andare ad un’associazione antibullismo

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La giornalista Selvaggia Lucarelli, colei che per prima ha denunciato incongruenze relative alla vendita del pandoro rosa di Chiara Ferragni e gli effettivi soldi dati in beneficienza, in un articolo pubblicato oggi su Il Fatto Quotidiano, ha sollevato un’altra questione.

Si tratta della vendita, nel 2019, della famosa bambola con le sembianze dell’imprenditrice digitale. Il ricavato, fa notare la giornalista, doveva andare ad una associazione statunitense contro il bullismo, fenomeno che vede come teatro, nella maggiori parte dei casi, proprio la scuola. Quest’ultima, continua Lucarelli, affermerebbe di non aver ricevuto nulla.

L’azienda della Ferragni, adesso indagata per truffa aggravata per il caso del pandoro dopo la multa dell’Antitrust, invece, sostiene di aver devoluto all’associazione le vendite dal loro sito. La giornalista fa così notare quanto l’operazione non sia così trasparente; non si sa infatti che fine avrebbero fatto i ricavi derivanti dalle vendite dai negozi o da altri esercenti. “Il risultato è come sempre una comunicazione fuorviante. Da anni lo schema era simile. Lo schema beneficienza-operazioni commerciali per Chiara Ferragni era assolutamente ricorrente”, ha detto la blogger.

Pandoro Ferragni, Anna Monia Alfieri: “Ai giovani non servono modelli”

Nel frattempo anche suor Anna Monia Alfieri, esperta di politiche scolastiche, a Quarta Repubblica, su Rete4, come riporta Il Giornale, ha detto la sua sulla vicenda. La religiosa ha definito i Ferragnez come in preda ad “un moralismo esasperato che li portava a essere giudici non dei fatti ma delle persone”.

Per Suor Monia ai ragazzi oggi servirebbero “testimoni”, non “modelli”. “Il modello Ferragnez, che si è proposto come opinion leader, è crollato Questo modello che loro hanno creato gli si sta ritorcendo contro. Questo è un tema delicato e serio – ha detto la religiosa – Fare beneficenza significa dare qualcosa di proprio a chi è meno fortunato perché ti senti cittadino parte di una comunità a cui dare un contributo. Se si ostenta per innescare un circolo virtuoso allora si deve essere trasparenti e immacolati”.

Chiara Ferragni, il dibattito

Anche la presidente del Consiglio Giorgia Meloni si è sentita di intervenire, anche senza fare direttamente il nome dell’influencer, sulla faccenda. La vicenda effettivamente sta avendo moltissima risonanza, vista anche la popolarità della moglie di Fedez, seguita da quasi 30 milioni di followers, molti dei quali giovanissimi.

Ovviamente si è aperto il dibattito: qual è l’esempio che viene dato ai giovani, in tempi di frequentissimi ricorsi al Tar alla prima bocciatura, in tempi di atti di violenza al primo fallimento, al primo no? Ecco un post su emblematico: “Nell’universo distopico di Chiara Ferragni basta pagare e tutto si può comprare, tutto è in vendita: non solo ghiandole mammarie e glutei, ma pure la fama di benefattrice in luogo di quella di ingannatrice. È questo il modello educativo per le nuove generazioni di questa società?”.